Fra i tanti e pesanti danni collaterali del Covid 19 c’è il blocco di tantissime attività, con le relative ricadute sociali e personali che milioni di italiani stanno sperimentando sulla propria pelle da un anno a questa parte. Uno dei settori più colpiti dall’azzeramento dei contatti sociali è quello dello spettacolo dal vivo. Un settore fermo in tutti i suoi ambiti, dal teatro alla danza, dalla musica agli eventi di ogni genere.
Torna alla mente l’improvvida frase pronunciata anni fa, con tutta l’ignorante supponenza tipica di certi politici, dall’ex Ministro Tremonti e che è rimasta paradigmatica di un certo modo di pensare. Quel “La cultura non si mangia” che, se allora rivelava in modo lampante la pochezza intellettuale del personaggio, a ripensarla oggi sembra semplicemente un banale quanto drammatico dato di cronaca. Perché la cultura, quella che, in una recente intervista che trovate sul nostro sito, il Maestro Franco Micalizzi definiva “la base di tutto, perché noi siamo la nostra cultura prima di ogni altra cosa”, quella fatta di mostre, spettacoli, concerti, è scomparsa da questo Paese. E poiché la cultura non solo si mangia, anche se non con la bocca, ma dà da mangiare a decine di migliaia di persone, le ricadute, lo abbiamo detto, sono davvero pesanti e spesso drammatiche. Solo nel settore della musica dal vivo sono (erano?) occupate 30.000 persone e superano i sette milioni le presenze di pubblico annuali ai concerti.
Nel calderone delle tante iniziative che il mondo della cultura e dello spettacolo tenta di portare avanti fra tutte le difficoltà del momento, spicca quella organizzata dai Live Club italiani con Keep On Live, associazione di categoria dei club e festival italiani, Assomusica, Arci e Live Dma, network che riunisce club e festival a livello europeo.
Si tratta di una campagna di sensibilizzazione, ma anche di rivendicazioni più che giustificate, partita un mese fa con il titolo “L’ultimo concerto?”, che ben rende la criticità della situazione e denuncia il concreto rischio di una chiusura definitiva di molti locali. Tutti i club aderenti hanno lanciato in contemporanea sui loro siti e canali social delle foto degli ingressi sbarrati sovrastate da un punto interrogativo e, rivolgendosi al pubblico si chiedeva “Qual è l’ultimo concerto a cui hai partecipato?” avvertendo che rischiava di essere l’ultimo in assoluto. La risposta degli utenti è stata ampia e solidale, ma era solo l’inizio. Alla campagna hanno aderito anche decine e decine di artisti che si sono messi a disposizione dell’iniziativa e che saranno questa sera su tutti sui palchi dei vari club sparsi per l’Italia per un mega concerto in diretta streaming gratuita. La lista è lunghissima, citiamo solo alcuni nomi: Subsonica, Pinguini Tattici Nucleari, Manuel Agnelli & Rodrigo D’Erasmo, Giorgio Canali, Tre allegri ragazzi morti, Sud Sound System, Marlene Kuntz, Edda, Brunori Sas, 99 Posse, Bobo Rondelli, Diodato, Lacuna Coil, etc. etc. La lista completa è visibile sul sito dell’iniziativa, a partire dalle 21,00 orario di inizio dei live, saranno attivi tutti i relativi link.
Con Toto Barbato, del The Cage di Livorno, dove saranno di scena gli Zen Circus, abbiamo cercato di approfondire un po’ la questione, perché la cosa non si ferma qui: L'ultimo concerto - ci spiega - è un atto quasi provocatorio per chiedere che venga riconosciuta l'esistenza dei live club in quanto tali, che sono stati e sono ancora le fondamenta della musica popolare italiana. Gli artisti che si esibiscono nei palazzetti, ma anche l’80% di quelli presenti al Festival di Sanremo, sono tutti passati dai nostri club, lì sono cresciuti, si sono fatti conoscere, si sono costruiti il loro pubblico. E questo è un lavoro che facciamo da 30 anni perché è dagli anni 90 che noi siamo là, senza riuscire ad avere un riconoscimento nemmeno per caso.
Ma le cose solo cambiate con la tragedia di Corinaldo, dove Sferaebbasta non andava per fare un concerto come la stampa mainstream ha detto, ma una semplice ospitata come può farla Fabrizio Corona o altri personaggi che vanno nelle discoteche, firmano gli autografi e attirano gente solo per il fatto che sono presenti. Ma da quel punto in poi, grazie a quell'equivoco, siamo finiti noi sul banco degli imputati, ci siamo beccati controlli continui ed è venuto fuori in modo evidente e clamoroso il problema del vuoto normativo che esiste rispetto alla musica dal vivo in Italia. Da questo ne consegue tutta una serie di problemi tra cui ad esempio quello delle capienze che sono limitate di oltre un terzo rispetto agli altri Paesi europei. Le leggi non sono chiare e sono talmente restrittive che non hanno senso, fanno sì che sia tutto illegale, ma per forza di cose nella pratica l'illegale diventa legale.
Abbiamo resistito a quello Tsunami anche facendo grossi investimenti sulle nostre strutture e ci stavamo riprendendo, ma poi è arrivata la pandemia che ha davvero tagliato le gambe a tutti. Per questo oggi vogliamo un riconoscimento così come in tutto il mondo occidentale. Noi abbiamo sempre fatto un lavoro seminale importantissimo per la cultura contemporanea che non c'è mai stato riconosciuto. Ora abbiamo deciso di usare questa pausa per organizzarci e chiedere un riconoscimento. valoriale e istituzionale della categoria dei live club con pari dignità rispetto ai Cinema e Teatri come succede nel resto del mondo.
Non possiamo continuare ad essere assimilati al pub che fa suonare una cover band una volta a settimana o alla discoteca che fa il karaoke, perché il nostro è proprio un altro lavoro. Quindi ora vogliamo che quando sarà finita questa disgrazia e si potrà finalmente ripartire ci sia una seria legge sullo spettacolo che riconosca i club per quello che sono e per le professionalità che incorporano.
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