Chi è Renato Giordano? Ho il piacere di presentare, per chi non lo conoscesse ancora, un personaggio dalle mille sfaccettature, un uomo poliedrico, rinascimentale, come lo ha definito il professor Natale Antonio Rossi (presidente della Fuis: federazione unitaria italiana scrittori) proprio per la sua capacità di aprirsi a varie discipline con ampia base di conoscenze. Renato è dunque un Leonardo Da Vinci, un Archimede, un Aristotele (precursore della poliedricità disciplinare) dei giorni nostri. Perché per essere poliedrici non basta avere conoscenza in molti campi, ma averne soprattutto padronanza! Scopriamo così il regista, il medico endocrinologo, l’autore, il profondo conoscitore della storia del teatro, l’appassionato di romanità e di molto altro, insomma in queste due ore trascorse al teatro Tor di Nona siamo stati inondati di passione e di cultura e a donarci tanta bellezza è stato proprio questo signore intelligente e spiritoso: Renato Giordano.
L’occasione è appunto la presentazione del suo libro edito da Pagine dal titolo “Il Teatro Tordinona dal Seicento ad oggi”. Per un’appassionata di miti, di storia e di leggende come me è bastato citare l’Araba Fenice, donna Olimpia Pamphili, Beatrice Cenci, il fantasma di Fiammetta, Scaramuccia, Benvenuto Cellini che il miracolo era compiuto… subito incantata e catturata nella magica rete dell’autore che, con genio ed empatia, riesce a trasmettere nel pubblico una morbosa curiosità verso un tempo antico attraverso racconti ed immagini di una Roma sparita che ha tanta voglia di rivelarsi al mondo.
Si comincia dal nome di questo piccolo teatro che, in realtà, scopriamo essere un gigante man mano che veniamo a conoscenza della sua storia. Prende il nome dalla torre di Nona che si affacciava sul fiume Tevere e che ora non c’è più. La torre era di proprietà degli Orsini e veniva affittata all’annona papale come magazzino delle mercanzie che provenivano dal fiume. L’annona era il raccolto dell’anno e volendola personificare ci avvaliamo della mitologia che tanto aiuta a comprendere la derivazione di molti termini e altrettanti culti. Annona è una dea e viene rappresentata come l’ancella della dea delle messi, Cerere (Demetra per i greci), è raffigurata con la cornucopia in braccio e con una prua di nave sullo sfondo a rappresentazione del più noto mezzo storico in uso per l’approvvigionamento.
Quindi Renato inizia a farci accomodare in una dimensione storica a partire da un semplice nome, poi si entra nel dettaglio e si narrano le vicende rocambolesche che hanno accompagnato il teatro… lo paragona all’Araba Fenice per le innumerevoli volte che anch’esso è risorto dalle sue ceneri proprio come il mitologico uccello, a celebrare un’ indiscutibile resilienza (termine che, nonostante la moda, non è affatto un neologismo, ma echeggia sin dal Settecento e trova profonde radici nella storia dell’uomo che da sempre si è dovuto adattare per difendersi rimbalzando dagli urti con rinnovata energia). Prima magazzino, poi teatro grazie all’iniziativa di papa Clemente IX, incoraggiato e spinto dalla regina Cristina di Svezia, il Tor di Nona vede grandi debutti come quello di Scaramuccia (l’attore Tiberio Fiorilli che rese celebre la maschera napoletana di Scaramuzza).
Poi di nuovo demolito, ricostruito, bruciato… insomma dal Seicento in poi il teatro non ha fatto che morire e rinascere a testimonianza che tale arte non può avere una fine. Simbolo di rinascita come l’Araba Fenice, appunto, il nostro autore ci presenta il suo gioiello attraverso locandine d’epoca, illustri personaggi che ne hanno calcato la scena, come Pirandello, aneddoti, fotografie, racconti commossi ed appassionati in nome di amici e colleghi scomparsi e tanto altro. In fondo c’è un prefisso grammaticale che da subito accomuna questi due affascinanti protagonisti, il teatro e l’autore che ce lo racconta, ed è il prefisso Ri che, apparentemente trascurabile, invece nasconde un destino comune: il Ritorno. Ricordare, risvegliare, riproporre, ricostruire… sono tutti verbi che invitano all’eternità, così come il nome stesso del nostro autore Renato che significa nato di nuovo proprio per non smettere mai di tramandare ai posteri tanta arte, tanta tradizione e tanta cultura, e noi di questo lo ringraziamo infinitamente.
Il pomeriggio passato con te, dopo tre anni di buio, mi ha fatto vedere una luce in fondo al tunnel, sei un portatore sano di ottimismo e quindi non posso non domandarti come vedi il futuro del teatro.
Il professor Rossi ti ha descritto come un uomo rinascimentale, ti riconosci in questa definizione?
Recentemente in occasione della presentazione- concerto di un mio disco sulla musica barocca usata come musicoterapia hanno usato questo termine e da allora in ogni occasione vedo che viene riproposto!! Diciamo di si, se per rinascimentale intendiamo l’amore e la curiosità per tutto quello che è cultura e storia. Ed i miei interessi ed i miei campi di lavoro che non si fanno inibire dalla catalogazione in ruoli predefiniti.
Fra tutte le tue sfaccettature quale senti appartenerti di più?
E’ davvero difficile scegliere proprio per quello che dicevamo prima. Io sono esattamente tutte le cose di cui mi occupo, e non rinuncerei a nessuna delle attività che svolgo.
Cosa cura il tuo essere medico del tuo essere un attore e cosa cura l’attore del medico?
Un’altra delle mie chiamiamole così, invenzioni degli ultimi anni si chiama Theatrical based medicine. Una tecnica basata sul teatro per migliorare la comunicazione medico paziente, l’empatia del sanitario, etc. Questa mia tecnica è validata e registrata in tutto il mondo e viene usata ormai dall’America all’Asia. Chi è incuriosito può vedere il sito www.theatricalbasedmedicine.com. E’ una tecnica che solo un…medico-attore poteva creare!
Come nasce l’idea del libro?
Due sono stati gli stimoli. Uno l’ennesimo rischio di scomparsa di questo Teatro che, come tu hai sottolineato è come l’araba fenice. Ho avuto uno sfratto,( già ancora!), per non aver pagato l’affitto alla proprietà durante l’anno di pandemia da covid.! Ovviamente alla faccia di chi dice la cultura viene aiutata (faccio notare che la proprietà non è di un privato ma dell’Ater, quindi della Regione). L’altro è il pensiero costante che ho della cancellazione della memoria storica. Il mondo di oggi dimentica tutto facilmente, ma in genere se nessuno tramanda una memoria questa memoria verrà cancellata ed obliata per sempre. Io ho voluto raccontare tante piccole storie che altrimenti sarebbero andate perdute.
Hai mai visto il fantasma di Fiammetta? E quello della Pimpaccia? Queste leggende sono state uno stimolo per la tua scrittura?
Nelle leggende c’è anche un po' di verità. E comunque sono un bellissimo gioco di invenzione magica, fuori dalla realtà banale. Ma per risponderti, no purtroppo non ho mai visto la pimpaccia uscire dal suo palazzo a piazza Navona sulla carrozza trainata da quattro fumanti cavalli neri e condotta dai diavoli, mentre lei tiene stretta la cassetta piena di oro che ha appena rubato da sotto il letto del papa morto. Mi sarebbe piaciuto tanto vederla inabissarsi a Ponte Sisto il 7 gennaio. Invece per quanto riguarda Fiammetta la storia è molto diversa. Non è da escludere che il suo fantasma si aggiri nel Tordinona. D’altronde qui stava il suo palazzo! E poi ho trovato il suo testamento dove lei lascia quasi tutto ai frati della chiesa di S. Agostino in cambio di messe di suffragio per omnia secula seculorum!. Uno di questi giorni devo andarci e chiedere di riprendere quelle messe, che sicuramente non dicono più!. Così Fiammetta troverà pace!!.
Un personaggio di quelli che citi a cui eri maggiormente legato?
Sicuramente Mario Scaccia che ha voluto terminare la sua carriera al teatro Tordinona. Poi Nicolaj, Dario Bellezza ed Andrea Camilleri col quale ho anche condiviso un periodo di insegnamento all’accademia Silvio D’Amico.
Vuoi raccontarci qualcuna delle tue molteplici iniziative teatro-sanitarie che trovo molto interessanti?
Cito solo le ultime. Quest’anno è stato il centenario della scoperta dell’Insulina ed ho messo in scena una commedia” L’isola che c’è” con 36 persone in scena che racconta questa emozionante epopea. Poi ho fatto un concerto con le musiche di quegli anni ed ho scritto un romanzo che è alla settima edizione ed è stato già tradotto in 5 lingue.
Quando pensi di farmi arrampicare di nuovo su un’altissima rupe?
Quando durante le prove della Favola di Amore e Psiche, dove ovviamente facevi la parte di Psiche ti sei rifiutata di salire sulla rupe un po' alta, lo ammetto, senza protezione, mi sono stupito! Come una attrice come la Nunzi, sempre attenta a seguire le indicazioni di regia che si ribella!!! Non volevo crederci…. A proposito sto pensando ad uno spettacolo gotico con la scenografia fatta come le scale di Piranesi perse nel vuoto…ti interessa?
Grazie per la tua arte e per la tua disponibilità Renato.
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