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Vito Tripi

Pietrelcina: Ora et Manduca

Nella città natale di uno dei santi più amati d’Italia per scoprire anche sapori e tradizioni culinarie.

Pietrelcina da anonimo borgo campano è divenuto un piccolo polo turistico del beneventano che, oltre al lato spirituale, ha anche molto da offrire sul versante della tradizione enogastronomica.


Nel centro storico, oltre ai vari negozietti che vendono oggettistica sacra, è possibile trovare botteghe, o puteche alla partenopea, che offrono prodotti locali a prezzi altamente concorrenziali, dall’olio casereccio ai taralli, dalla pasta trafilata in bronzo, ai prodotti sott’olio, dai biscotti ad altre dolcezze tipiche senza trascurare il liquore Strega in tutte le sue declinazioni.

Cominciamo ora il nostro percorso gourmet. La prima tappa è la Masseria Fontana dei Fierigestista da Francesco e la sua famiglia che ti aprono le porte della loro dimora come fossi uno di casa anzichè un cliente. La struttura è immersa nel verde e nel silenzio ma è tutt’altro che isolata poichè a meno di 4 km di macchina ti ritrovi nel centro storico della cittadina. Ad accoglierti è un bel cagnolone candido, Bianca, che ricorda Belle di un noto cartone animato degli anni che furono. Tutta la struttura è sapientemente arredata secondo uno stile vintage e familiare per dare quel tocco perfetto di casa di campagna.


Il punto forte, però, è la cucina poichè per gli ospiti è possibile cenare in loco con i prodotti tipici. In apertura un tris di frittini in cui spicca, alla faccia di qualsiasi nutrizionista integerrimo, un primo sale impanato è fatto immergere nell’olio paesano che è un tripudio filante di gusto. Segue un prosciutto locale, rigorosamente tagliato a mano, che emana un profumo di antica bottega alimentare anzichè di plastica del supermercato, accompagnato da un caciocavalo arricchito col miele prodotto dalla Masseria. Chiude il trittico di antipasti un tortino di patate, guanciale e verdura che è uno scrigno di piacere che si adagia vellutato e godurioso sul palato dei commensali.


Arriva poi il piatto forte la regina di questa tavolata ossia la Genovese. Per chi non lo sapesse è uno spezzatino di carne e cipolla, cotto per oltre tre ore assieme ad erbe aromatiche e un pò di vino bianco, accompagnato dalla pasta. Qui arriviamo direttamente ai pranzi della domenica, con le grandi tavolate, immortalati nelle pellicole deI De Filippo e del Principe De Curtis. Uno zito spezzato al dente si accompagna ad una carte burrosa e ad una cipolla che si scioglie in bocca in un contrasto di sapori che ti obbliga a prendere una forchettata dietro l’altra e a chiedere, senza alcun ritegno per la dieta, un bis!

Il secondo è a scelta tra un maialino porchettato e delle polpette al sugo. In entrambi i casi è un successo assicurato per i familiari di Francesco che si destreggiano in cucina. Il maialino è un viaggio verso Ariccia poichè non ha nulla a che invidiare alla famosissima porchetta laziale. Le polpette sono un chiaro omaggio a Dragonball poichè per la loro grandezza e sostanza sembrano veramente due sfere del drago ponte ad esaudire i desideri del palato di qualsiasi goloso.


Chiude il tutto un dolce napoletano, di norma carnevalesco, ma la gola non rispetta il calendario, chiamato migliaccio fatto con semolino, latte, ricotta e altri segreti dello cheff che è la giusta chiusura, delicata ma gustosa, per un pasto da re. Ovviamente oltre al caffè si può richiedere uno speciale ammazzacaffè ossia un liquorino fatto in casa con zenzero e limone che ci permette di affrontare la digestione a testa alta. Tutto questo bendidio, assieme al vino della casa e all’acqua, a soli 30€ a persona. Ovviamente, oltre all’eccellenza alimentare, vi è pure la calorosità con cui Francesco e i suoi familiari servono e intrattegono gli ospiti che è un valore aggiunto incalcolabile.

In una giornata piovosa ed un pò uggiosa decidiamo di mangiare un boccone nel centro storico di Pietrelcina. Ad consigliarci è un simpatico gestiore di una puteca che ci parla di C’era una volta ristorantino ai piedi della Chiesa Madre che usa esclusivamente prodotti locali e di primissima qualità. Nella vita bisogna (quasi) sempre fidarsi di chi ha il crine canuto e qualche inverno in più sulle spalle, poichè i suoi consigli, specie mangerecci, sono aurei.


Ad accoglierci al locale è il suo proprietario Angelo. Un uomo dal sorriso smagliante e la barba candida, al pari del Santo locale, che fedele al suo nome, che in greco vuol dire messaggero, si fa latore di gusti e sapori. Ad aprire il tutto l’antipasto della casa che oltre ad offrire una selezione di formaggi e affettati locali, che per la loro preziosità dovrebbero essere esposti in gioielleria, propone dei mini peperoni ripieni, quelli che facevano una volta le nonne per i pranzi in famiglia, e un trancio di pizza rustica.

Il primo sono dei ravioloni ricotta con la provola e un sughetto fresco che ti regalano il sorriso altro che i sofficini. Il piatto forte, però, è la bistecca di marchigiana. E qui Angelo ci racconta una storia, di quando si decise di far sposare la Chianina con la Sannita e dall’amore di questi due animali è nata una bistecca che è l’equilibrio perfetto della ciccia. Muscolo, grassetto e “sugosità” in un solo trancio di carne. Dopo una forchettata di questa bistecca ti renderai conto di non aver mai mangiato, o meglio assaporato, la carne prima di quel giorno. Anche il vegano più talebano dinnanzi a questa maestosità capitolerebbe. E’ vero che siamo in un luogo di spiritualità ma, talvolta, è doveroso cedere ai “piaceri della carne”.


Da accompagno delle zucchine alla scapece così saporite e carnose che vorresti chiederne una seconda e una terza porzione. Al tavolo vicino una coppia stava gustando degli scialatelli al sugo di carne che invogliavano a quel sacro rito che è la scarpetta sommo gesto d’amore e di rispetto per coloro che hanno preparato il nostro cibo.

Come dolce Angelo ci propone una cheesecake ai frutti rossi che si fa arrivare direttamente da una pasticceria napoletana. Ebbene essa non ha nulla da invidiare alla sua controparte newyorkese, ossia quella originale, a dimostrazione che Italian do it better. A chiudere il tutto un liquorino alle erbe che serve a sgrassare bene il tutto.

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