Impiega 31 secondi per piazzare l’ippon che vale il terzo posto e la medaglia di bronzo. Superata dalla fenomenale Abe, la nostra judoka più forte ha puntato senza freni alla piazza d’onore, salendo sul podio di Tokyo 2020. Odette Giuffrida, già medaglia d’argento a Rio 2016 e campionessa europea a Praga nella categoria 52 kg, porta a casa la quarta medaglia per gli azzurri. Sul tatami del Nippon Budokan ha la meglio nella finale per il terzo posto contro l’ungherese Réka Pupp. Nel 2016 Giuffrida, all’epoca 21enne atleta della GS Esercito Roma, ha perso in finale contro la kosovara Kelmenti Majlinda, conquistando la medaglia d’argento alle Olimpiadi di Rio. Non si abbatté, anzi, da quella finale che è valsa comunque un prestigioso argento, è ripartita per l’Olimpiade in Giappone dove nella patria del Judo, la 26enne romana si afferma come la prima europea a vincere due medaglie olimpiche nella stessa categoria.
L’incontro: le due avversarie si affrontano a viso aperto. Entrambe provano gli attacchi ad entrare nella guardia avversaria. Dopo i quattro minuti regolamentari il risultato è ancora in pareggio. È quindi inevitabilmente il golden score a decidere le sorti dell’incontro e contrariamente a quanto accaduto contro la nipponica Ute Abe, le sorride. Era partita in quarta la nostra azzurra : ippon al golden score sulla romena Chitu negli ottavi; waza ari nei quarti - nuovamente nel tempo extra - contro la belga Van Snick e strada aperta per le semifinali ma tra lei e l’oro si frappone la giapponese Uta Abe ( col fratello Hifumi campione olimpico giusto una manciata di minuti dopo, sono il vanto dello sport nazionale), che dopo 3’11 di Golden score mette a segno un uchi mata. Sfumato il podio più alto, ha ancora un obiettivo. Dopo 30 secondi di Golden score, il capolavoro: spettacolare ippon (seoi nage reverse) e pianto liberatorio. "Ero venuta qua per l’oro, ma questo bronzo ha un peso importante per me, perché viene dopo cinque anni di cambiamenti, di infortuni, di momenti difficili. Quindi sono sodddisfatta. Spero di aver fatto sognare tantissimi giovani e aver dimostrato loro che non importa da dove arrivi e chi sei. Il lavoro ripaga sempre. "Perché un bambino dovrebbe fare judo? Gli direi solo: togliti le scarpe, sali sul tatami e prova. Io mi sono subito sentita libera e nel mio mondo".
Fervente credente, si dice che abbia cercato nella preghiera la forza e la concentrazione per compiere ciò che a nessun’altra atleta era ancora riuscito. E di forza di volontà ne deve avere da vendere se quasi ogni giorno si sobbarca un centinaio di chilometri per raggiungere il Palafijlkam di Ostia. Ama la sua città in modo non comune ed è costantemente a dieta, ma fonti ben informate fanno sapere che nei festeggiamenti c’è scappata anche la pizza, di cui è ghiotta. Insomma, è una campionessa di normalità, magari non è un personaggio da narrativa da mainstream da esibire come vessillo per crociate e forzature ideologiche ma se c’è un campionato o un’olimpiade nei paraggi, ci si può sempre contare. Su un fianco ha un tatuaggio, si compone di cinque cerchi e una scritta: Rio 2016. Con ogni probabilità campeggerà a breve un Tokio 2020 e poi, chissà…
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