Ho conosciuto Margherita in un incontro fra quelli che molti definirebbero “novax” in quel tempo in cui i resistenti (questa mi pare la definizione più corretta) cercavano di fare rete per poter superare le assurde restrizioni alle quali erano sottoposti.
Margherita mi è piaciuta subito, una donna minuta, vestita con buon gusto e un pizzico di stravaganza, quella luce negli occhi che hanno le persone che non si arrendono.
Non conoscevo la sua storia, ci siamo limitate a qualche scambio di vedute durante le manifestazioni, abbiamo parlato di luoghi da visitare in cui si potesse accedere senza green pass, Margherita Eichberg infatti è architetto, È stata soprintendente alle belle arti in Calabria e ora lo è nella Tuscia, suo marito, ricercatore presso l’ISS (alla faccia dei novax ignoranti che non credono nella scienza), ha persino studiato e messo a punto un vaccino con metodo tradizionale, che ha superato i test sugli animali ma che non viene finanziato dall’istituto per cui lavora, ma questa è un’altra storia!
Margherita dicevamo, mi ha conquistato, ci siamo scambiate l’amicizia su facebook e ho così avuto modo di vedere alcune foto da lei postate: c’era un gruppetto di persone davanti all’ospedale Bambino Gesù del Gianicolo, tenevano in mano dei cartelli che componevano la scritta “MAI PIÚ COME PER LISA 15 MESI…” così ho scoperto la Storia di LISA.
Già perché la storia di Margherita e suo marito è, prima di tutto, la storia di Lisa.
Negli ultimi 3 anni il covid è stato lo sfondo delle storie di ciascuno di noi, storie che comunque continuavano a svolgersi inesorabilmente, nessun DPCM ha potuto impedire che continuassimo a vivere (o a morire) malgrado tutto.
La Storia di Lisa non è la classica storia di mala sanità perché si svolge all’interno di una cosiddetta eccellenza come l’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma (eccellenza o monopolio?); è la storia di una bellissima ragazza di 17 anni che lascia questo mondo, con atroci sofferenze e senza che qualcuno possa tenerle la mano.
La storia inizia con una coppia di stimati professionisti che, non avendo figli, decidono di adottarne, non sono bambini piccolissimi perché i genitori non sono giovanissimi: sono Elisabetta (appunto Lisa) e Bogdan e vengono dall’Ucraina.
I ragazzi, malgrado le criticità tipiche di un’adozione, si adattano facilmente. La loro vita non era iniziata nel modo migliore, ma ora si potrebbero persino dire due ragazzi fortunati, una bella casa, le vacanze, gli amici, sembra che le cose abbiano iniziato a girare bene.
A giugno 2020 in seguito ad una caduta con il monopattino a Lisa, ormai diciassettenne, compare un livido di dimensioni inconsuete, Margherita si insospettisce e chiede al medico degli accertamenti. Le analisi evidenziano un livello di piastrine bassissimo, e a questo punto si rivolgono al Pronto soccorso del bambino Gesù, dove la tengono ricoverata 52 giorni per ottenere una diagnosi e indirizzarla al trapianto di midollo. 52 giorni durante la pandemia, troppo piccola per l’ospedale dei grandi e troppo grande per l’ospedale dei piccoli, Lisa può vedere solo i genitori e pochi amici nel pomeriggio; sta bene, non ha nessun disturbo, vorrebbe uscire con le amiche e fare tante cose, ma è lì dentro isolata; le fanno diversi accertamenti, fra i quali due puntati spinali (avete idea di quanto sia doloroso?) che suggeriscono la diagnosi: Refractory Cytopenia of Childhood, un’aplasia midollare tipica dell’adolescenza. Le strade percorribili sono due: terapia immunosoppressiva o trapianto di midollo, al Bambin Gesù si decide immediatamente per il trapianto che, dicono di praticare con frequenza e successo, e si inizia a cercare un donatore.
E i genitori? I genitori hanno la sensazione che qualcosa non torni, ma sono sballottati da una notizia all’altra e pur essendo due persone intelligenti e colte, il papà è persino biologo (anche se non clinico) sono pur sempre due genitori in pena che cercano di capire la strada migliore per curare la loro amata bambina, fra medici che danno notizie con il contagocce e amici e conoscenti che ripetono “siete fortunati, il Bambino Gesù è un’eccellenza, siete in buone mani”, mettono quindi a tacere quella vocina interiore e si affidano, come richiesto fanno “tipizzare” il fratello che risulta compatibile al 50% (per un trapianto di questo tipo è una percentuale accettabile) e seguono le indicazioni dei medici.
Del resto, che fai, non ti fidi della scienza? Di questi tempi? A maggior ragione non ti fidi dell’eccellenza nella scienza? il primario del Reparto di Oncoematologia è Franco Locatelli, quello del CTS, praticamente il TOP, zitti muti non fate domande e ringraziate Dio!
Ad agosto Lisa esce e per due mesi riprende la sua libertà e la sua gioia di vivere.
A metà settembre finalmente si trova il midollo, la donatrice è anziana e “leggera” ma è completamente compatibile e si può fare, o almeno questo è quello che dicono. Durante un’intervista ho sentito dire al papà di Lisa “è una cosa (quella di aver accettato la loro scelta) per la quale non smetto di rimproverarmi”: i genitori sono tutti uguali, si sentono in colpa, ma non è sua la colpa, il Bambino Gesù si vanta di avere un enorme numero di trapianti riusciti, se hanno deciso di non prendere il midollo di Bogdan o di proseguire la ricerca un motivo ci sarà.
Il 7 ottobre il ricovero per il trapianto programmato. Lisa, che stava benissimo e necessitava soltanto di periodiche infusioni di piastrine, viene trattata con una chemioterapia preparatoria al trapianto molto aggressiva, dopo qualche giorno l’infusione. Il midollo della donatrice viene infuso senza eliminare il sangue in esso contenuto di gruppo non compatibile. Il midollo, infatti, deve essere “lavato” (così dicono i protocolli) proprio per evitare che siano presenti globuli rossi di gruppo incompatibile, eppure questa operazione non viene eseguita, perché il midollo è arrivato “povero” di cellule emopoietiche che con la pulizia rischiano di ridursi ulteriormente, infondono quindi a Lisa, che è di gruppo 0, quasi 350 ml di globuli rossi di gruppo AB, questo scatena un’emolisi intravasale, con dolori atroci. Ad infusione del “veleno” appena conclusa, Lisa si fa un video in affanno e in lacrime, vederlo è straziante, e dopo l’emolisi intravasale arriva quella extra vasale che attacca cuore, polmoni, reni, non c’è più nulla da fare. Il 3 muore, sola, nell’area rossa dell’ospedale.
Quando i genitori chiedono perché non si sia usato il fratello scoprono che i medici non sapevano nemmeno che il fratello fosse in Italia, e della sua tipizzazione non c’è traccia nelle banche dati dell’ospedale.
Perdere una figlia sembrerebbe abbastanza per chiunque, ma il calvario di questa famiglia non finisce qui. I genitori di Lisa, smarriti e sconvolti, vogliono approfondire, eventualmente per denunciare, ma non si può dubitare di un’eccellenza come il Bambino Gesù, fanno fatica a trovare periti e persino avvocati per seguire il caso. Nessuno vuol mettersi contro l’ospedale del Papa, dove da quarant’anni non entrano ispettori del ministero perché non è su suolo italiano, è monopolista per il centro e sud Italia di oncologia pediatrica perché, nonostante ci hanno fatto “una testa così” sulla libera concorrenza che porta ad avere servizio migliore (anche se per chi scrive la sanità non può essere considerata un’azienda come le altre), tutte le regioni da Roma in giù affidano un servizio così importante ad un solo ospedale, di fatto nemmeno pubblico.
Margherita e Maurizio non si arrendono, la loro prima vittoria la ottengono attraverso una petizione su Change.org, per ogni trapianto non urgente deve essere obbligatorio avere un midollo “di scorta”; non si fermano, fondano un’associazione, L.I.S.A. Lottiamo insieme per la sanità degli adolescenti, un’associazione diversa dalle altre, pur meritevoli, con l’obiettivo di sostenere i familiari durante il percorso di cura, per poter fare scelte consapevoli, e vigilare sulla corretta applicazione delle terapie.
Ad oggi insieme ai coraggiosi periti e all’avvocato hanno sporto denuncia, e Locatelli, tanto caro al PD che gli sta cercando una sistemazione a tutti i costi nonostante il cambio di governo, è indagato, e malgrado la richiesta del suo avvocato il GIP decide di non stralciare la sua posizione. I genitori confidano in un processo nel quale siano presenti tutte le figure coinvolte. I tempi della Giustizia italiana sono quelli che conosciamo, ma intanto Margherita, Maurizio e Bogdan non si arrendono, e il 3 di ogni mese sono lì, al Gianicolo, a ricordare che non dovrà essere MAI PIÙ COME PER LISA!
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