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Marina Betto

Ladri di Vino


Gli elementi di una spy story ci sono tutti. C’è l’intervento dell’FBI, ricchi magnati americani, la Francia, l’Oriente e i suoi misteri, tanti tanti soldi, cene da capogiro, macchine costose, ville hollywoodiane, le Aste prestigiose e c’è lui, Rudy Kurniawan, l’Arsenio Lupin del vino.


Rudy Kurniawan

Nel 2008 in due lotti di un’asta a New York sono presenti due vini: il Clos Saint Denis 1945 e il 1959, nessuno si accorge che le date sono sbagliate per questo vino che nasce solo nel 1982 tranne il francese Laurent Ponsot che lo produce, sarà l’inizio di una indagine che porterà all’arresto e a processo Rudy Kurniawan. Siamo negli anni 2000, si presentava bene, vantava ricche origini orientali, con un modo di fare garbato si era introdotto in circoli prestigiosi dove aveva conquistato tutti con i suoi modi e soprattutto con la sua conoscenza in fatto di vino francese, era un piacere ascoltarlo decantare le qualità dei Borgogna e dei Bordeaux di annate introvabili e degli Chateau più prestigiosi, tutti ne erano affascinati. E’ così che Rudy Kurniawan, indonesiano di Jakarta classe 1976, si conquista pian piano la fiducia di ricchi investitori, collezionisti amanti del vino mostrando prima la sua grande capacità di acquisto senza badare a spese durante le aste internazionali e poi proponendo in vendita lui stesso alle case d’asta dei lotti di vino della sua collezione. Quando l’FBI entra nella sua casa dopo l’asta di Spectrum trova centinaia di bottiglie vuote, autentiche e non, etichette, tappi e timbri per fare falsi d’autore e metterli sul mercato. Il falsario più celebre del mondo in pratica mescolava qualche buona etichetta di Bordeaux con Cabernet della Napa Valley e vari Bordeaux più dozzinali anche ossidati. Fortunatamente è finito in carcere, sequestrati i suoi beni, una villa a Los Angeles, costosissimi orologi, quote azionarie di una cantina di Bordeaux ma adesso dopo aver scontato 7 dei 10 anni a cui è stato condannato in uno dei peggiori penitenziari del Texas, è uscito.

Le truffe in fatto di vino non sono poche, come quella messa in atto in Francia nei primi anni 2000 da Armand Aramian che su eBay vendeva false etichette di Mouton Rothschild o le più recenti falsificazioni in Italia di Sassicaia di Tenuta San Guido da spedire all’estero. Oggi Il mercato della truffa si è spostato dall’Europa e dagli Stati Uniti, in Russia e in Cina dove la conoscenza in fatto di vino francese e italiano è ancora molto scarsa. I fine wines italiani sono marginalmente toccati dal mondo del falso che preferisce contraffare i grandi Bordeaux e Borgogna che possono raggiungere nelle aste cifre da capogiro. Tra i vini battuti all’asta più costosi, svettano lo Chateau Cheval Blanc 1947, una bottiglia da sei litri a 219.000. euro, il naufragato Champagne Heidsieck &Co Monopole “Daimant Blue” del 1907 battuto a 224.000. euro e lo Chateau Lafite 1869, battuto all’asta di Hong Kong nel 2010 per 195.000 euro. Le bottiglie italiane invece viaggiano su cifre molto più abbordabili come il Barolo Monfortino Riserva 2010 di Conterno 1.800 euro o il Brunello di Montalcino Case Basse di Gianfranco Soldera del 1997 a 700 euro o il Solaia Marchesi Antinori del 2012 a 900. euro. Rimane il fatto che le aste di vino sono sempre affollatissime e nel 2020 si è assistito ad un vero e proprio boom. Il vino diventa prezioso come un’opera d’arte, come un gioiello, un libro antico, un mobile perché è unico, introvabile, racchiude in se una storia che è piacevole possedere a meno che non sia un’illusione, un gioco.

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