La Regione Lazio a favore del Cinema
- La redazione
- 6 mar
- Tempo di lettura: 7 min
44 sale cinematografiche a Roma chiuse da anni. Un settore di mercato che si evolve e che si trasforma, sollecitato dalle nuove dinamiche della società. Risposte che tentano di coniugare l’interesse del pubblico e le leggi del mercato. Un rifiuto aprioristico.
Ecco come un esterno riassumerebbe l’ultima querelle che agita il mondo del cinema romano (con diramazioni fino negli USA). Da Spielberg a Totti, tutti si schierano accanto al cinema, e ci mancherebbe ma… cerchiamo di fare chiarezza.
La situazione attuale.
A Roma, potenziale bacino di utenza per milioni di spettatori, ci sono 44 ex sale cinematografiche chiuse ed abbandonate da anni, alcune da oltre 7, altre addirittura da quasi 15, come il glorioso Metropolitan a Via del Corso, al centro di una querelle, o il Paris, chiuso nel 2003, o ancora l'Ariston che poi è diventato un negozio, e questo per colmo, nella Galleria dedicata ad Alberto Sordi. Ad accelerare il processo di desertificazione ha contribuito anche il covid, con le assurde leggi al contrasto alla diffusione, che hanno messo in ginocchio gli esercenti.

In tutti questi anni cosa è stato fatto per trovare una soluzione? Poco o nulla. Nel 1999 con la Legge 13 approvata a maggio di quell’anno il primo governo di Massimo D’Alema diede il via alla trasformazione di un numero molto maggiore di 44 sale cinematografiche in tutt’Italia, non solo chiuse ma anche attive, di trasformarsi in sale Bingo. La cosa ebbe effetto anche a Roma, dove – ad esempio – nell’attuale X municipio uno dei tre storici cinema del litorale dell’era pre-Cineland di punto in bianco divenne una sala Bingo. Potremmo essere malinformati ma né Francesco Rutelli (all’epoca sindaco), né Enzo Foschi (all’epoca consigliere comunale, e oggi segretario del PD romano) pare che dissero nulla sulla sparizione di sale cinematografiche trasformate in sale bingo, supermercati, attività commerciali, palestre e sale poker.
Con il decreto legislativo n.202 del 7 dicembre chiamato Disposizioni in materia di lavoro nel settore cinematografico e audiovisivo, a norma dell'articolo 35, della legge 14 novembre 2016, n. 220. (17G00218), ed entrato in vigore il 12/01/2017, la giunta regionale dell’allora Governatore Nicola Zingaretti (PD), propose per i cinema all’epoca in stato di abbandono, un progetto per cui se eventuali imprenditori avessero voluto rilevare le sale cinematografiche chiuse, al loro interno sarebbe stato possibile usare al massimo un 30% della cubatura degli spazi ad usi commerciali.
Come ha dichiarato la consigliera regionale Laura Corrotti (FdI), attuale Presidente della Commissione Urbanistica della Regione Lazio: “quando facevo parte del Comitato per il monitoraggio dell’attuazione delle leggi e la valutazione delle politiche regionali del Lazio, avevamo studiato la legge del 2017 su questo tema. Ci eravamo resi conto che, così com’era stata approvata, non aveva prodotto gli effetti desiderati. Per questo, nella nuova legge abbiamo introdotto norme che ne semplificassero l’applicabilità”. Nel 2020 un ulteriore intervento legislativo da parte della giunta regionale del Governatore Nicola Zingaretti (PD) ha di nuovo messo mano al delicato tessuto delle sale cinematografiche, liberalizzando l’apertura di nuove sale cinematografiche. Il risultato è stata la nascita di nuovi multisala, vicino a sale storiche incapaci di competere e quindi destinate alla chiusura. A tutto questo aggiungiamo altri dati: oltre alle 44 sale cinematografiche di privati, chiuse e in stato di abbandono, a Roma esistono anche cinema anche loro chiusi e abbandonati, la cui proprietà è direttamente in mano all’ente Roma Capitale.
Per almeno due di questi cinema “pubblici”, nello specifico la Sala Apollo e la sala Airone, sarebbe stato possibile dare il via alla loro riattivazione come spazi di incontro e creazione di cultura grazie all’accordo in programma che si era raggiunto per intervenire in prima battuta sulla sala Metropolitan. L’intervento di riattivazione sarebbe stato senza oneri per il pubblico. L’accordo poi è saltato per una mancanza di normativa chiara e definita. La domanda che serenamente ma fermamente viene è: perché il sindaco Roberto Gualtieri, il PD romano (nella figura del segretario Enzo Foschi), attori, registi, personaggi dello spettacolo italiani ed esteri che oggi fanno sentire la loro voce, quando si è trattato di far ripartire l’Airone e l’Apollo tacevano? Quando i cinema vengono occupati, che posizione prendono? Quando nel corso dei decenni chiudono il Royal, il Maestoso, l’Ambassade, il Missouri, il Paris, l’Empire, il Reale, e tutte le altre sale, fino all’Astoria, forse il primo cinema a chiudere, ormai dimenticato, della Garbatella, territorio d’elezione proprio di Enzo Foschi, cosa dicono? E soprattutto, come si comportano? Perché gli attori e registi che molto hanno ricevuto dal cinema non restituiscono investendoci? Intendiamoci, non vogliamo fare i conti in tasca a nessuno e nemmeno perderci nella demagogia ma è inevitabile che certe impennate repentine favoriscano letture e congetture di ampio respiro.
Il modo di fruire del cinema è cambiato. Il mercato anche.
Negli ultimi 30 anni, grazie allo sviluppo della tecnologia di riproducibilità del prodotto audiovisivo, la fruizione del cinema è radicalmente cambiata. Prima i VHS, poi i DVD, e infine le varie piattaforme di streaming offrono una serie di alternative alle sale cinematografiche che una generazione fa non esisteva. Il numero complessivo di chi vede un’opera cinematografica nel 2025 è sicuramente maggiore del numero di quanti lo facevano nel 1990. Ma è un numero che si suddivide in molte più opzioni. Paradossalmente oggi possiamo vedere un film diverso al giorno per tutto l’anno, senza mai andare al cinema. Questo vuol dire che le sale cinematografiche spariranno o addirittura devono sparire perché sono superate? No, nel modo più assoluto. Ma nemmeno significa che devono restare immutabili come erano negli anni ’70, o anche negli anni ’90. È vero che il mercato non può essere l’unico metro di valutazione, ma come dice ancora la Presidente Laura Corrotti: “Sulle sale cinematografiche, l’opposizione sostiene che la nostra legge ne comprometta lo scopo sociale e culturale. Ma io credo che la politica debba fare delle scelte. Parliamo di sale abbandonate, non solo a Roma ma in tutta la regione, spesso chiuse da anni, inutilizzate e, in alcuni casi, occupate abusivamente. È nostro dovere restituirle ai cittadini: un cinema chiuso da dieci anni, ricordo a qualcuno, non è più un polo culturale”. Un cinema chiuso, abbandonato, in disuso, non è nella realtà un polo di aggregazione culturale. È semplicemente un edificio abbandonato. È chiaro che il buon senso e la bona politica esigano che lo si riporti al suo essere un polo di incontro e di cultura, ma va fatto vivendo il presente, non fossilizzandolo in un sogno nostalgico. Come ha dichiarato il Governatore della Regione Lazio Francesco Rocca è necessario trasformare il settore di mercato delle sale cinematografiche, "altrimenti non si troverà chi investe perché poi non ha un ritorno. Non è che gli imprenditori del settore sono scemi, è un tema quello di individuare i modelli urbanistici più appropriati per fare in modo che non ci siano luoghi di degrado, perché qualcuno preferisce il degrado a soluzioni che recuperano parti importanti delle nostre città". Il Governatore Francesco Rocca ha ribadito di essere sempre disponibile "A ragionare e trovare delle soluzioni che possano fare in modo che non scompaiano le sale cinematografiche, nessuno lo vuole, però bisogna avere buonsenso tutti quanti e trovare soluzioni”.

La proposta della Regione Lazio
Ma cosa propone la proposta di Legge sulla Semplificazione Urbanistica di cui si sta discutendo in Regione Lazio, e che ha suscitato da subito le reazioni di attori e registi (italiani e Stranieri)?
A differenza di cosa detto e scritto all’interno della proposta di legge n.171/2024 “semplificazioni e misure incentivanti il governo del territorio”, presentata dall’Assessore all’Urbanistica Pasquale Ciacciarelli e che prevede tutta una serie di proposte relative a varie aree del patrimonio edilizio come rigenerazione urbana, sottotetti, zone agricole, housing sociale e anche sale cinematografiche chiuse, non esiste alcuna svendita delle sale chiuse. Esiste la proposta di rendere interessante per nuovi investitori il ridare vita a spazi fermi, senza obbligare il nuovo investitore a ripristinare in modo pedissequo attività che la storia ha dimostrato non in grado di sostenersi economicamente. La Presidente Laura Corrottidice ancora: “Tutte le scelte prese a proposito delle sale cinematografiche si basano su una visione di urbanistica che mira al contrasto del degrado e dell’abbandono, tante sono le sale chiuse ormai da anni e nulla è stato fatto da chi ci ha preceduto. L'invito che porgo ai protagonisti del settore è di non farsi strumentalizzare da una certa parte politica che in passato, quando ha avuto la possibilità, non ha mosso un dito in loro”.

La legge regionale sulla semplificazione urbanistica dà la possibilità di ridare vita a questi spazi chiusi, ma proprio per evitare la “svendita indiscriminata della cultura” temuta da chi protesta prevede tutta “una serie di incentivi volti alla salvaguardia delle sale attive inserendo forti paletti contro la loro dismissione. Tutti i progetti per le sale in città storica delle dimensioni urlate da Foschi, come centri commerciali o supermercati, dovranno andare in accordo di programma. Tradotto: la Regione Lazio darà ai sindaci la possibilità di riattivare quelle sale, ma saranno poi i sindaci stessi a decidere se farlo o meno. Quando la legge sarà approvata, Gualtieri e Foschi cosa faranno: avvieranno gli accordi di programma per riaprire le sale chiuse – pubbliche e private – oppure continueranno a lasciar marcire quei locali che sono ferite sanguinanti nel cuore di Roma? Foschi risponda oppure vada a manifestare non davanti al Barberini, ma davanti a tutte le sale chiuse da anni che il Pd non è mai riuscito a riaprire per mancanza di visione e programmazione. O forse solo per limiti ideologici”. Questo è quanto si legge in una nota diffusa dall’ANSA, a firma di Marco Perissa, segretario romano di FdI e dei consiglieri comunali di Roma Capitale di FdI Giovanni Quarzo, Francesca Barbato, Stefano Erbaggi, Maria Cristina Masi, Federico Rocca.
Probabilmente il modo migliore per chiudere è ascoltare cosa ha dichiarato a proposto di questa discussione sempre il Governatore Francesco Rocca: “Cercheremo di trovare una sintesi, però guai a strumentalizzazioni: il segretario romano del Pd, Enzo Foschi, ha fatto questa ennesima carnevalata, che si facesse un esame di coscienza, guardasse come anche Franceschini ha risposto durante il Covid per l'utilizzo delle sale: al ristorante si poteva andare liberamente, le sale cinematografiche erano penalizzate. Ci sono tanti errori che la sinistra ha fatto e vive soltanto l'ideologia, le ideologie portano soltanto patologie all'interno della nostra società, troviamo soluzioni concrete che facciano bene a chi crede nel cinema, a chi crede comunque nel fare impresa e buona impresa".
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