Muore Eugenio Scalfari. Si dimette Mario Draghi. Le due cose non sono legate, ma le reazioni a questi eventi hanno, una volta di più, reso evidente un tratto ormai fisso nel dibattito pubblico, a qualsiasi livello: la spasmodica, insopprimibile, irresistibile voglia di un Papà severo e autorevole che ci guida e ci fa fare le cose giuste, perché da soli non ne saremmo capaci.
È il classico desiderio del Prescelto che ci condurrà alla salvezza perché SOLO LUI tra noi ne è in grado. L’unto dal signore, che non è il consacrato nell’ordinazione sacerdotale, ma il sovrano, il princeps che con l’unzione dell’olio sacro veniva distinto dal resto del popolo (nobili e plebe), perché solo il sovrano era prescelto da DIO per governare. Altri non potevano aspirare alla sua competenza, alla sua autorevolezza, alla sua superiorità, e gli altri DEI riconoscevano la sovranità e il governo del Prescelto, trattandolo da pari a pari. Se sul trono si fosse seduto un altro non avrebbe avuto l’autorevolezza del Prescelto, e gli altri DEI avrebbero riso di lui o lo avrebbero ignorato, sprezzanti.
È un meccanismo che è andato avanti per millenni. Dai tempi dei Faraoni e dei Re Sacerdoti Assiro Babilonesi. In tutto il mondo. Qui in Europa, in Africa. In Asia con gli Imperatori e i Mandarini. Nelle Americhe, tra i Maya, gli Aztechi e gli Inca.
Chi governava era il Prescelto, e il popolo doveva solo ringraziare di essere da lui guidato, accudito, e protetto. Osare pensare a un governo NON del Prescelto era blasfemia. Se DIO lo aveva scelto, e gli altri DEI lo avevano accettato, come poteva un singolo uomo obiettare alle decisioni del Prescelto tra tutti.
Se uno schema comportamentale procede per millenni, generazione dopo generazione, diventa un habitus, un modo in cui le persone reagiscono naturalmente a determinate condizioni. Ecco perché la sottomissione all’autorità è naturalmente facile. Perché si inserisce in un’abitudine millenaria, per cui chi governa è sempre il migliore.
Fin quando la religione dominava si parlava di diritto divino, di investitura divina, di prescelto dagli dei. Poi mano a mano che l’aspetto teologico svaniva dall’orizzonte della politica e della società si iniziò a dire il Migliore, o l’Uomo Forte. Quando poi oggi il concetto di forza viene visto con sospetto, quasi che forza fosse sempre e solo uguale a prevaricazione, si inizia a chiamarli l’Uomo del Destino, o Una Risorsa Nazionale.
L’unzione che anticamente veniva data dai sacerdoti, che permetteva al prescelto di parlare da pari a pari con gli altri prescelti, oggi è l’investitura o l’accettazione che concedono i gruppi finanziari sovranazionali. Chi è la persona meritevole di governarmi? Quella che può parlare con gli altri prescelti. Quella che è autorevole per i gruppi finanziari, per le banche, per chi manipola i soldi.
Questo habitus mentale non è ovviamente riservato solo alla politica. Il caso di Scalfari ne è un esempio. Scalfari è ricordato come un direttore saggio e autorevole, addirittura un padre nobile della patria, quando in realtà ha solo diretto un giornale, secondo i suoi convincimenti e contro chi non la pensava come lui. Ma era il Papà autorevole che mi diceva cosa pensare. Mi diceva cosa dovevo votare. Mi diceva cosa dovevo fare. Guidava la mia vita, perché io da solo non riuscivo a capire cosa fare. Da solo non riuscivo a capire chi fossero i buoni e i cattivi. Papà me lo diceva, e io seguivo felice Papà.
Con Draghi è lo stesso. La politica, che dovrebbe essere il terreno da cui emerge una classe dirigente, si è arresa all’Uomo Forte, e vuole poter dire “Dicci cosa fare”. “Dicci cosa dire”. “Dicci cosa pensare”. Chi si oppone al Papà severo ma autorevole - e quindi in grado (solo lui di parlare da pari a pari con gli altri Papà - è sciocco, infantile, immaturo.
Ed è questo il paradosso di oggi.
Infantile non è chi supplica di poter rinunciare ad impegnarsi delegando tutto al Papà, ma chi invece dice “Siamo adulti, e possiamo scegliere noi, tutti insieme, cosa fare. Un Papà non ci serve”. È infantile perché si ostina a pensare con la sua testa e non capisce il vero valore della Risorsa della Nazione.
Questo infantilismo social-politico è radicato nella politica italiana. E si esprime sempre nella sudditanza da parte della maggioranza del parlamento verso l’uomo autorevole indicato di volta in volta dal Quirinale, spesso con l’unica preoccupazione di non turbare i mercati. Dini, Monti. Draghi… tutti autorevoli e stimati banchieri che sono rispettati nei circoli finanziari che contano, e QUINDI sanno come fare per difendere gli interessi dei loro bambini, e QUINDI non devono essere disturbati.
Draghi è il Papà che ci deve proteggere, e il Papà bravo non abbandona i figli in balia dell’incertezza. Soprattutto se i figli non sono in grado di cavarsela da soli. E se 100 sindaci implorano, supplicano, invocano la salvezza da parte di Draghi, è perché sono bambini che supplicano Papà di non lasciarli soli.
È questa l’Italia che vogliamo? Un Papà severo ma giusto che ci governa, e in cambio chiede solo niente rotture di coglioni?
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