Ne parliamo con il maestro Fabio Campo
Non solo il derby Roma-Lazio che ha visto prevalere senza particolari rischi i giallorossi e l’avvincente finale degli Internazionali di Tennis vinti da Nadal contro Djokovic, il sontuoso fine settimana sportivo della Capitale ha visto celebrarsi presso l’impianto del Pala Torrino anche l’attesissimo Campionato Italiano di Kick Boxing.
Si è aggiudicata la medaglia d’oro di k1 3a serie femminile Ylenia Ciaccia, 56kg mentre Simone Rapaccioni si è portato a casa un argento per il k1 3a serie maschile, 57 kg. Questi successi si susseguono a quelli di Fabio Busato, campione assoluto 2019 prima serie, 71kg e a Giulia Pedini che nel 2018 ha vinto il campionato italiano 60kg come lo stesso Busato nei 67kg. Dietro tutti questi atleti e vittorie c’è la stessa giuda: il Maestro Fabio Campo, lo incontriamo presso il dojo di arti Marziali Obi Arashi all’infernetto, dove a quanto pare, tra Muay Thai e Karate, si forgiano solo campioni.
Come è nato il tuo interesse per la Muay Thai e cosa rappresenta per lei questa disciplina?
Per me a prescindere che è un lavoro è l’arte da combattimento suprema. Comprende tutte le armi che l’essere umano ha a disposizione. Dal pugno alla ginocchiata. La più antica, usata anche nei campi di battaglia dal Siam contro i birmani. Nel tempo si è evoluta diventando sport nazionale tailandese. Confrontandosi con tutte le arti marziali se n’ è compresa l’efficacia. Pur mantenendone l ’assetto tradizionale si è andata definendo una versione olimpica. Quanto a me sono stato allievo di Mauro Bassetti a cui devo tutto. Un grande, grandissimo innovatore. Sono cresciuto con un sistema ibrido, buono per tutte le discipline. Nel Sandà che è molto completo a Perugia sono stati organizzati dei gran bei tornei, con avversari superlativi come Alessio Sakara e Verginelli.
Immagino che nel tuo percorso di perfezionamento sarai stato diverse volte in Tailandia…
Eccome! Nel 99 feci il primo viaggio in Tailandia e rimasi conquistato. Per capire la Muay Thai si deve andare in Tailandia. Anche se oggi non mi piace più come prima. È tutto più commerciale. Mi allenavo in campi dove non si parlava l’inglese e ci parlavamo a gesti. Fatti su una gettata di cemento. Ora sono più confortevoli. Ne ho girati tantissimi di campi, più giravo e più trovato maestri a trecentosessanta gradi. Non si finisce mai d’imparare in questo sport. Quando uno crede di aver capito tutto, è il momento che non ha compreso nulla. Ha mille sfaccettature. Aumentare il proprio bagaglio tecnico e culturale, il combattimento va vissuto in maniera diversa. Quando vai lì sei catturato da questa spiritualità, ma nel tempo ne ho preso le distanze, non credo nelle danze propiziatorie. Per me il combattimento è un viaggio verso la conoscenza mentale del proprio subconscio. Il combattimento è mettere in collegamento il tuo io interiore con l’esteriorità. Quando combatti, lo fai prima di tutto contro te stesso. La conoscenza del proprio essere e il rispetto di tutto ciò che ci circonda. Noi siamo parte del pianeta che va amato e non distrutto, Il Paradiso è qui.
Il primo avversario è sempre dentro di noi, poi c’è l’altro, quello sul tatami o ring. Tu puoi vantare una storia particolarmente vincente. Principali competizioni vinte e medagliate?
Beh un po’ ho vinto, sì. A memoria, nel Sanda ho messo insieme quattro campionati italiani tra dilettanti e professionisti, un titolo mondiale e un secondo posto. Due tornei internazionali di Kick boxing, un campionato italiano dilettanti di Muay, il bronzo a Bankok, dove purtroppo mi ammalai bevendo l’acqua e non poteri disputare la finale. Fu tra le prime medaglie italiane prese lì. E poi un campionato italiano professionisti in Liguria
Oggi che alleni, cos’hai portato della tua esperienza nell’insegnamento, ed essere dall’altra parte ti fa vedere a specchio com’ero da atleta?
Cerco di trasmettere quello che mi è arrivato e alcune mie intuizioni. Lavoro costantemente sul perfezionamento. Sì, da maestro ci si rivede e ci si accorge anche degli errori.
Parlaci dei tuoi allievi…
Ne vado molto fiero. In pochi anni hanno dimostrato a tutti che il team Art of Fighting è all’avanguardia. Penso ai risultati di Fabio Busato, due volte campione italiano assoluto medaglia di Bronzo agli europei Ifma e non dimenticare la buonissima prestazione ai mondiali 2019 a Bankok . A due atlete come Ilenia Ciaccia, emergente che va alla grande, neo campionessa italiana e Giulia Pedini, fortissima. Dario Del Giovane, se riprende può fare grandi cose. Tra gli agonistisicuramente Simone Rapaccioni che si è classificato al secondo posto, si difendono bene pure Lorenzo Zambrini, Alessandro Olivetti, Simone D’Ippolito e Lorenzo Ciubotariu. Tra quelli che stanno venendo su discretamente, direi Niccolò Salerno. Vediamo il 12 e 13 giugno come se la cavano agli assoluti di Muay Thai, perché io li faccio combattere in tutti che si terranno sempre qui a Roma presso il Crowne Plaza. Una citazione a parte la devo ad Antonio Albo. L’ho ereditato fa Mauro Bassetti, è l’atleta più forte della Nazionale Italiana di sempre in Ifma. Ha vinto diverse competizioni internazionali di Muay Thai nei 57kg in tutta Europa. È sempre stato tra i numeri uno.
Che giudizio dai del livello della Muay Thai italiana?
Non sta messa affatto male. Stiamo lavorando parecchio a livello formativo per l’ Ifma. A livello olimpico vanno adattate delle movenze. Oggi i russi, bielorussi, cazachi e turchi sono più forti. Nel professionismo abbiamo buoni atleti ma Francia, Olanda, Russia sono avanti, ci danno filo da torcere. In ogni caso, riusciamo a essere competitivi con tutti. Il sistema Mauro Bassetti paga. Io l’ho sposato e applicato portando atleti a livello alto
Con l’introduzione della Muai Thay, lo Shotokan Ryu Obi Arashi si sta affermando come vera e propria accademia di arti marziali…
Non c’è alcun dubbio. E anche a livello di vivaio di atleti ai massimi livelli nazionali e internazionali. A volte mi fermo a osservare come si allenano i ragazzini sotto la guida del M. dei Maestri Fiorello Ferralis, Chanchiz Azadeh e Domenico Ridente, fanno Karate tradizionale, che è più duro e completo dello sportivo. Occorre un impegno maggiore perché è una disciplina militare. Alcuni hanno avuto pure qualche assaggio di M. T. e lasciano intravedere qualità superiori, come quel tipetto castano chiaro…
Come vedi il debutto alle olimpiadi del 2024?
Oltre a essere riconosciuta dal CONI, la nostra federazione La Federcombat siamo affiliati al comitato olimpico per il Worldgames 2022 in Alabama, e gli European games in Polonia nel 2023. La vedo bene, è un’evoluzione. La olimpica come la boxe è diversa, si vede molta velocità, ci sono tutte le protezioni. La M T con e senza paragomiti è diversissima. Io sono dal 2004 in Ifma organizzazione olimpica come medagliato a Bankok. A dicembre ci sarà il mondiale unificato categoria senior e junior. Vanno riconosciuti gli sforzi del presidente Donato Milano, e dei dirigenti Davide Carlot e Mauro Bassetti, è grazie a loro che la M. T. italiana va alle Olimpiadi e Bassetti ha il merito di aver portato la M. T. sul podio.
Fabio Campo è enciclopedico. Un’autentica miniera d’oro. Sa praticamente tutto e lo ascolteresti per ore. Nel suo narrare emergono i tratti del campione vero: carattere, testa, sicurezza nelle proprie qualità e una profonda umanità seconda solo all’umiltà che affiora tra le righe. Non sorprende che sul ring i suoi allievi diano tutto. L’appuntamento col suo team di Muay Thai è per il 12 e 13 giugno, lo spettacolo è garantito.
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