“La capsula è un'architettura cyborg. L'uomo, la macchina e lo spazio costruiscono un nuovo corpo organico, l'architettura d'ora in avanti assumerà il carattere di apparecchiatura.” (Kishō Kurokawa)
Nella prima decade del mese di aprile è iniziato, e terminato in pochi giorni, lo smantellamento di uno dei monumenti più iconici di Tokyo, la Nakagin Capsule Tower (Nakagin Kapuseru Tawā).
L'edificio, situato nello stradone che unisce Ginza a Shimbashi (a due passi da un'altra icona di cui è rimasta solo un'ombra, ossia il vecchio mercato del pesce), fu progettato dall'architetto Kishō Kurokawa.
Inaugurato nel 1972, è unanimamente riconosciuto come un raro capolavoro del Movimento Metabolista (shinchintaisha), corrente urbanistica giapponese di avanguardia degli anni sessanta con una propria visione di città e architetture che crescono organicamente con i cambiamenti sociali e con l'aumento esponenziale della popolazione.
Una corrente che, alla fine, si rivelò più teorica che pratica in quanto le soluzioni “ideali” andarono molto di rado oltre la suggestione delle immagini, solo abbozzate e prive di dettagli, lontane da una possibile effettiva realizzazione.
Nel testo City of the Future Noburu Kawazoe, infatti, scrive che “Quando presentiamo un'immagine totale non vogliamo affatto specificare dettagliatamente come può essere la città del futuro. Le nostre proposte sono suggerimenti su quelli che ci sembrano i metodi e le vie da prendere. Non vi può essere un punto finale a cui la città possa un giorno arrivare nel suo sviluppo, perché, se questo accadesse, la città si ridurrebbe istantaneamente in rovina. Questo non significa che noi formuliamo soggettivi e impossibili sogni fantastici: noi siamo alla ricerca di un metodo che accomuna una varietà di immagini diverse “.
In termini semplici il loro pensiero era: la città crescerà per sempre diventando enorme, una Megacity che metabolizza e va metabolizzata.
Per cui andava pensata non tanto e solo per l'oggi ma, soprattutto, per il domani...per l'uomo del futuro.
Ma così non è stato.
Tante città sono si diventate enormi, ma il loro sviluppo è stato non troppo regolato, molto casuale, a volte anche selvaggio. E, di conseguenza, quei pochi progetti che i “metabolisti” effettivamente realizzarono spesso si son trovati, anche, e non solo, per colpa dei materiali utilizzati (molto amianto, per esempio), ad essere “capolavori fuori posto”.
Nel 2003 fu smontata la EXPO TOWER costruita nel 1970 per l'Esposizione Mondiale di Osaka e nel 2020 fu demolito il TOJO CIVIC CENTER costruito nel 1966 a Miyakonojo, nella Prefettura di Miyazaki, entrambe opere di Kiyonori Kikutake.
La Nakagin era composta da una struttura di cemento e acciaio che si sviluppava in due torri di differenti altezze (11 e 13 piani più un piano interrato in comune) a cui erano ancorate capsule abitative sovrapposte (che i turisti hanno denominato “lavatrici impilabili”), per un totale di 140.
Tutte uguali (ciascuna di circa 10mq e con una altezza di 230 centimetri) nel rispetto di misure che riportano a quella delle stanze dedicate alla Cerimonia del tè (Cha no yu), hanno come tratto comune la presenza di un oblò come unica fonte di luce esterna, oscurabile la sera con una piccola tenda a forma di ventaglio.
Sotto l'oblò, il Futon.
E poi arredi su misura e dotati di ogni accorgimento tecnologico dell'epoca, dal telefono al televisore. Niente cucina, giusto un frigobar. In effetti il progetto era stato concepito come un residence, atto a soddisfare essenziali esigenze abitative di lavoratori pendolari e neo-nomadi, gente che si muove spesso e per brevi periodi, una categoria definita da Kurokawa stesso come quella dell'homo movens.
Il bagno, infine, con una piccola vasca dato che è cosa nota che i giapponesi prediligono il bagno alla doccia.
La struttura portante e le aree comuni dovevano durare sessant'anni mentre le capsule abitative si sarebbero dovute sostituire seguendo cicli di venticinque, poiché appositamente studiate per essere rimovibili singolarmente indipendentemente dalla loro ubicazione nella struttura. Ma in oltre cinquanta anni non ci sono state sostituzioni.
Indubbiamente la struttura era in stato di abbandono, molte capsule erano utilizzate come deposito, c'era amianto dappertutto e infiltrazioni d'acqua. Ma non tutti erano d'accordo, dato il valore artistico, sullo smantellamento. Per oltre 10 anni c'è stata battaglia fra chi voleva ristrutturare e chi voleva abbattere,
Per farlo occorreva una maggioranza qualificatissima, l'80% dei proprietari. Questa maggioranza fu raggiunta nel 2007 e fu dato l'appalto ad una ditta per lo smantellamento e la ricostruzione. Ma la ditta fallì e, nel 2009, dopo due anni di inattività e rinvii, la decisione fu annullata.
Nel 2010 nacque un forte movimento che voleva la ristrutturazione e conservazione dell'edificio ma non si riuscì ad ottenere la decisione dall'assemblea dei condomini.
Chi voleva salvare l'opera si è allora reso conto che l'unica cosa che restava da fare era cercare di salvare quante più capsule possibile e restaurarle. Cosa che in effetti è stata fatta.
Come pure si è cercato di salvare il “ricordo” della Torre: è stato avviato un progetto di archivio digitale in 3D al fine di conservarne il valore architettonico. Il progetto ha scansionato l'intero edificio combinando i dati di scansione laser, che misurano distanze precise in millimetri, con oltre 20.000 dati fotografici acquisiti con una fotocamera reflex a obiettivo singolo e un drone.
Almeno qualcosa della Torre quindi resterà.
E non saremo costretti, per ricordarla, a rivedere all'infinito, così come faceva il povero Fantozzi con La Corazzata Potëmkin, le scene di Wolverine – L'Immortale (del 2013) in cui il Nakagin, trasformato per l'occasione in un suggestivo Love Hotel, offre rifugio a Logan e a Mariko Yashida braccati dalla Yakuza dopo l'imboscata al Tempio Zojoji.
(PHOTO CREDITS BY LAMBERTO RUBINO)
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