Intervista a Emanuela Ibisco
Si racconta che Prodi lanciò i Gratta e vinci come sorta di manovra economica per risanare il bilancio dello Stato. Da quel momento sono entrati nei costumi degli italiani sotto forma di cabalistica speranza aggiuntiva alle classiche schedina e lotteria di Capodanno . Ma per poterli grattare e vincere, qualcuno deve disegnarli. Ne parliamo con Emanuela Ibisco, storica e riconosciuta professionista della comunicazione visuale, ripercorrendone alcune tappe della sua carriera, dal logo dell’acqua Rocchetta quando era ancora una stagista alla progettazione del sito del grande Gino Landi ed esplorando con lei, l’evoluzione del creativo nel contesto digitale.
Partiamo da una descrizione del tuo lavoro...
Io mi occupo di comunicazione visiva. Che è un termine che non si usa più da tempo però io sono affezionata al linguaggio italiano... per comunicazione visiva intendo comunicazione aziendale, quindi dal logo all’immagine coordinata, fino alla pubblicità. Come anche l’impaginato e il sito internet.
Perciò tutto il fronte del visuale. Ma non i testi...
Anche i testi perchè oggi come oggi il blog mi serve per tirare su i siti su Google, più parole ci sono nel sito e meglio è. Il blog mi serve per andare anche incontro a certi clienti che non sanno scrivere o non ne hanno la possibilità, scrivo articoli...
“Non sanno scrivere”, vuoi dire in termini pubblicitari...
Eh, sì... certo. Non ti nascondo che non è facile inventarsi articoli su agenzie di eventi, profumerie, calzaturifici, gli argomenti sono tantissimi e quindi m’ispiro un pò alla concorrenza, metto a fuoco i buchi che hanno gli altri e li riempio per far salire il sito.
So che hai una notevole esperienza e compentenza nel restyling dei marchi. Come si approccia un marchio che ha ormai una definizione ormai storicizzata, come lo avvicini, da un lato devi rispettarne l’identità, però dall’altro devi dargli un’evoluzione, vuoi descriverci il tuo processo tecnico creativo?
Allora, perchè si fa il restyling di un logo? Perchè è necessario aggiornarsi da un punto di vista stilistico, perchè con il tempo si modifica la filosofia sociale,e intendo sia quella dell’azienda che dello stesso contesto del visivo, il linguaggio dei film, i cartoni anmati, la moda e di conseguenza si interviene su tutto il visivo e anche il logo si deve adeguare. Nei periodi di ricchezza, la moda e tutto ciò che è immagine si arricchisce, nei periodi di magra si tende a togliere colori e forme il più possibile…
Indubbiamente. E’ un processo in termini antropologici di tipo semantico, e cioè di interazione-causa ed effetto tra il segno-logo e le macro e micro variabili dell’ambiente in cui esiste
In questo periodo stiamo togliendo tutto da qualsiasi cosa. Il minimalismo impera. Ma non solo perché c’è una fame nera e tristezza generalizzata ma anche perchè le nuove tecnologie (e questo è il grande motivo per cui è indispensabile aggiornarci, ci impongono di eliminare ombrette, sfumature, ghirigori, in quanto un logo deve essere ben visibile anche in piccolissime dimensioni...
Come sullo schermo dei telefonini…
Esatto. E quindi questo c’impone di asciugare, modificare completamente anche la filosofia che c’era dietro la creazione di un logo. C’è stata una rivoluzione nella comunicazione visiva che non possiamo dire dove porterà…
Se questo risponde ad una esigenza pratica, da un punto di vista stilistico-creativo immagino che crei diverse difficoltà perchè devi stare dentro dei parametri molto stringenti
Dire difficoltà è un eufemismo. Rasenta l’ impossibile ed è per questo che ci siamo uniformati in modo davvero triste. La mossa che mi è piaciuta tantissimo è quella di Enel che ha messo un arcobaleno sfumato nel logo. Poi ne hanno studiato una versione per vederlo al cellulare, ma già soltanto la E iniziale è ben riconoscibile. Lo hanno davvero ben studiato. La scelta di unire il marchio a logo è sempre vincente, secondo me, dal baffo della Nike ai quattro cerchi dell’Audi, puntare sul segno lo rende universale e non è soggetto a quegli interventi che invece un lettering deve nel trempo affrontare per aggiornarsi. Quindi quando studio un logo cerco sempre di creare un logo marchio anche se trovare un segno riconoscibile in quest’affollamento e sempre difficile.
Un tuo logo? A proposito so che il vecchio logo Rocchetta è una tua creazione…
Vero (sorride.n.d.r.) . Lo feci quando ero ancora una stagista. Dunque, dunque, beh per esempio, Il logo del gratta e vinci Il Miliardario. Che ha una storia controcorrente. Ho messo e aggiunto parecchio.
In coerenza con alcune linee aziendali, ho lavorato su tanti dettagli, per esempio il cilindro collocato sulla O.
Iconico, da Paperon de’ Paperoni...
Sì, esatto. Da riccone
Immagino che per controbilanciare avrai dovuto lavorare su degli equilibri
Sì,per compensare ho eliminato alcune ombrette e le famose sfumature e ne è uscita fuori una cosa, più che dignitosa. Sono molto più contenta di altri come il M’ama non m’ama perchè è fuori dagli schemi precedenti
Un altro gratta e vinci...
Eh sì, ha una grande margherita al centro. Mi piace perchè invece di andare da sinistra a destra, gratti su un cerchio.
Ah! Una rivoluzione copernicana! Poi se vai addirittura in senso oraio..
Eh no? (ride. N.d.r.) Hai capito? E ogni volta devi dire: M’ama...
O non m’ama...perché c’è anche il riconoscimento vocale...Parliamo di siti web. La progettazione, in quanti siete coinvolti...
Da subito mi sono innamorata della progettazione multimediale e di interfacce, ma non scrivo codice; quando è necessario coinvolgo un programmatore, soprattutto quando devo creare una app. Sono stata tra i primi a Roma a creare prodotti multimediali. Quante cose sono cambiate dagli anni 90, quando si affacciarono i cd-rom! C’era ancora tutto da fare, da inventare… Ho contribuito ad inventare alcune cose.
Diccene una
Ho collaborato alla mostra sugli Impressionisti ospitata nel Palazzo delle Esposizioni negli anni ’90, per cui realizzammo le interfacce dei totem con questi schermi interattivi in cui si andava a scoprire il quadro cliccando sullo schermo. O l’enciclopedia dell’architettura in cd-rom, con un’interfaccia complicatissima…! All’epoca era divertente. Si prendeva spunto dai simboli delle vecchie tecnologie, dal triangolino del play del videoregistratore, che poi è rimasto, alla freccetta che spunta dal quadratino per indicare l’uscita, che ormai non serve più… Poi è arrivato internet. Quando ho iniziato disegnavo i bozzetti di ogni pagina e poi qualcuno li montava... ricordo che per fare il sito della Newton & Compton, nel 2002, ci mettemmo 3 mesi! Oggi i siti web li faccio da sola. Per esempio sul sito biografico di Gino Landi, il coreografo, la parte più difficile è stata raccogliere il materiale, ma poi in pochi giorni l'ho messo su.
Tu però non nasci con la tecnologia. Tu sei figlia del Macintosh, del disegno a mano libera e del fax...
Assolutamente. Anzi mi ricordo che quando studiavo si progettava anche in funzione della necessità che un logo fosse visibile anche per fax! Doveva essere prevista anche la versione b/n per essere trasmessa via fax. Adesso non è più così. Sì. Io nasco e sono un’illustratrice, so disegnare , fatto che non era così scontato neppure allora..
Riconvertirsi è stato complesso?
No, io mi riconverto ogni giorno. Mi piace rinnovarmi. La cosa che mi dispiace un po’ è che col web s’è uniformato tutto. Mi capitano clienti che hanno acquistato il loro marchio su siti a 30€ e che è utilizzato da migliaia di aziende nel mondo... è così, che vuoi farci?
Beh per esempio far valere il fatto che il medesimo logo legato ad altre diecimila aziende nega se stesso, è una contraddizione in termini. Non t’identificherà mai. Poi in ultima analisi, ognuno si tiene quello che vuole…
Sì, esatto. Ci sono delle priorità e con quelle ci si deve misurare. Io ho diversi clienti medio piccoli quindi preferisco portarli avanti sugli altri aspetti. Per contro, ho progettato il marchio di Le Profumerie che è molto versatile e rispecchia per intero l’idea nella mia visione ed estetica di logo-marchio
Ora su che stai lavorando?
Su un giornale on line che si chiama Terzogiornale e piccoli siti che ospitano eventi aziendali a distanza con video in diretta streaming. Per assurdo, in qualche modo, la pandemia mi ha facilitata un po’ perché molte attività si sono spostate sul web.
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