Il Nido della Menzogna: quando ricordi, rimorsi e menzogne si tingono di giallo
- Vito Tripi
- 3 apr
- Tempo di lettura: 4 min
Il nuovo libro di Mariachiara Moscoloni ci porta nel cuore di Roma, a Monteverde in un’indagine che si snoda tra passato e presente.

Tra i punti più suggestivi dell’Urbe vi è, innegabilmente, la Terrazza del Gianicolo un piccolo cuore verde nella megaolopoli dal quale si può vedere tutta la città. In questo luogo ameno è possibile ammirare i numerosi busti dei vari eroi del Risorgimento e non solo, e vi è anche un maestoso monumento a Garibaldi, ribattezzato a Mussolini nel divertentissimo episodio Pronto Soccorso dei I Nuovi Mostri con Alberto Sordi, che troneggia su tutto.
La domenica, poi, il Gianicolo diveniva punto di ritrovo della famiglie poichè si esibiva con le sue marionette Carlo Piantadosi uno degli ultimi maestri del teatrino che tante generazioni ha fatto ridere e divertire.
Il particolare, però, che rende questo luogo ancor più pittoresco è il famoso cannone che ogni giorno a mezzodì fa sentire la sua voce. Anche su questo si è molto ironizzato negli anni specie in una gag in uno dei film di Pierino. Sta di fatto che tutta questa cornice rende il quartiere di Monteverde uno dei luoghi più romantici, affascinanti e turistici di tutta Roma.
Era inevitabile, quindi, che una location del genere non potesse essere sfruttata al meglio per un racconto giallo. E’ il caso dell’ultima fatica letteraria di Marichiara Moscoloni Il Nido della Menzogna, edito dalla Dark Zone (pag 215 € 14.90) un giallo dai forti risvolti umani ed intimisti che si snoda tra il finire dei favolosi anni 80 e i giorni nostri. Il libro colpisce sin dalla copertina, della Catnip Design con l’editing di Tracce d’Inchiosto, in cui campeggia il volto di una ragazzina lacerato come da un proiettile in cui si intravede una serie di lapidi, e alle sue spalle vi è la bocca fumante di un cannone. Molto accattivante il sottotitolo La maturità è la veglia funebre dell’adolescenza.
La storia si apre il 31 dicembre del 1984 proprio nel tunnel sotto il Gianicolo ove viene conservato il cannone. Ivi sei amici Roberto, Edoardo, Lorenzo, Gianna, Ivo ed Emma, tutti adolescenti della Roma Bene, hanno deciso di festeggiare la fine dell’anno in una maniera quanto mai peculiare.
Si decide di legare Emma, la ragazza più desiderata del gruppo, e anche quella dal carattere più variegato e tormentato, come se l’adolescenza non fosse già di per sè una zona di lotta continua, sul cannone, ad imitare un vecchio supplizio capitale, per poi godersi i fuochi d’artificio. Il tempo di una polaroid, un bacio rubato e tutti a festeggiare. Solo che... solo che Emma resta legata sul cannone. Forse per dimenticanza, forse per dispetto, l’adolescenza ha un gusto misto di miele e fiele, la ragazza rimane inchiodata sull’arma. Qualcuno entra ma non saranno le sue mani liberatrici bensì assassine...
Un colpo di cannone e passano trent’anni. Il gruppo, ormai ridotto ad un quintetto, si è sciolto poco dopo la tragedia, o meglio si è frammentato. Edoardo vede una tantum Ivo per un caffè e due chiacchiere, Lorenzo e Giovanna sono quasi una coppia di fatto dividendo i loro dolori e sconfitte e facendo crescere i rispettivi figli come fratelli. Solo Roberto, quello che Carlo Verdone definirebbe con “la palma del più stronzo”, si è distaccato da tutti. Il destino, invero, è beffardo e ha deciso che i loro figli finissero nello stesso liceo e nella stessa classe ricreando un quadro umano già vissuto.
Ognuno dei protagonisti porta dentro di sè le ferite e le colpe di quella luttuosa sera di Capodanno. Edoardo non è mai riuscito ad avere un rapporto sentimentale normale e difatti è l’unico senza prole. L’unica donna della sua vita è l’arcigna madre con cui ha un rapporto conflittuale. Ivo è divenuto ipocondriaco ed è uno spettatore della sua vita. Giovanna è cristalizzata ad una psicologia adolescenziale e Lorenzo è il padre di tutti. E Roberto? Lui dietro la sua maschera di cinico e di arrivista porta con sè il peso di quella notte racchiuso dentro una cartellina azzurra.
A sconvolgere le vite di queste persone ci penserà il giornalista Italo. Egli, difatti, è interessato a riaprire il caso di Emma per far luce sul suo assassinio. Un mereo scoop giornalistico, un cosiddetto cold case, o forse c’è qualcosa di più profondo, doloroso e personale in quest’indagine? Così il nostro giornalista inizierà un’amicizia con Isabella, la bibliotecaria del Villino Corsini, e con sua madre Ivana che fu l’insegnante del gruppo dei sei.
Comincerà così un viaggio in quella zona grigia dell’anima in cui malinconia, senso di colpa e rimpianti si mescolano. I vari attori di questo dramma, anche tramite i loro figli, si troveranno finalmente a fare i conti con il loro passato e con quanto di incompiuto vi era in loro. Sarà un percorso doloroso, poichè, metterà a nudo l’anima dei vari protagonisti ponendoli dinnanzi alle loro colpe e alle loro debolezze. Scopriremo anche chi ha ucciso la povera Emma a dimostrazione di quanto il Male, spesso, sia terribilmente vicino a noi...
La Moscoloni ci regala una storia godibilissima. Scritta in maniera fluida e coinvolgente. La psicologia dei vari personaggi è affrontata magistralmente e i due protagonisti che spiccano sono proprio Ivo e Roberto. Essi avrebbero tutti gli elementi per essere invisi e indigesti al lettore ma proprio per questo loro essere umani troppo umani, nelle loro fragilità e grettezze, risultano quelli che bucano meglio la pagina.
Un grande merito dell’autrice è quello di aver liberato la narrazzione romana dalle periferie e dai quartieri popolari in pratica dalla “genete de borgata”. Sì queste zone popolari spesso disagiate avvolte da un’immeritato fascino e da un romaticismo artefatto. Perchè gli scritti di Pasolini e le pellicole di Corbucci avevano un senso e un messagio sociale ben preciso e giustificato, ma dai Cesaroni in poi, passando per Zero Calcare, le borgate hanno stancato. Anche perchè spesso è prevalso un disprezzo verso Roma Nord, la Roma Bene, che rivela solo un complesso d’inferiorità e una malcelata invidia.
Un tocco di classe della scrittrice è la scelta del nome della vittima Emma Orlandini che richiama Emanuela Orlandi anche lei giovane e bella ragazza caduta in quel buco nero di misteri e sangue che da secoli appartiene a quella Roma fatta di vicoli, stradine e monumenti che ha un lato oscuro fin troppo pronunciato.
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