Il campione d’incassi del 2023 che mostra un nuovo del cinema nipponico dei mostri.
Godzilla, o Gojira se si preferisce, è da sempre uno dei mostri più iconici del cinema moderno. Simbolo della rivolta della natura e contro la scelleratezza umana, con un tocco loevecraftiano, ha attraversato i decenni conquistando una fetta di pubblico sempre più vasta e inossidabile. Godzilla ha due padri nobili in primis Shigeru Kayama, lo scrittore dalla cui penna scaturì il famoso rettile atomico, e il regista Ishiro Honda.
Fin dalla sua prima apparizione sul grande schermo si capì subito che il mostro, o kaiju alla giapponese, rappresentava una critica sia alla guerra sia, soprattutto, alle armi atomiche. Difatti la pellicola uscì il 3 novembre 1954 otto mesi dopo l’esperimento atomico yankee a Bikini, che causò l’esposizione alle radiazioni di una tonnara giapponese, e più di nove anni dopo i criminali bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki. Quindi Gojira rappresentava un bestiale, e legittimo, urlo di rabbia del valoroso popolo del Sol Levante.
Con gli anni la figura del mostro è diventata sempre più “pacifica” e spesso esso si è frapposto ad altre minacce, spesso aliene, per difendere la Terra. In America ci fu un deludente tentatio di remake negli anni 90 e il più riuscito Monsterverse attuale. In Patria, invece, ci furono varie riedizioni, dette “Ere”, tra le più recenti Shin Godzilla e una trilogia di anime postapocalitica.
Arriviamo, infine, al 2023 quando Takashi Yamazaki dirige un remake di tutto rispetto dal titolo Godzilla Minus One. Fonte d’ispirazione oltre alla pellicola originale di Honda, e a Gojira vs King Ghidora dell’Era Heisei, anche a Lo Squalo e al cinema di Miyazaki.
Il film è stato campione d’incassi in tutto il mondo giocando moltissimo sull’effetto nostalgia, ne venne distribuita anche una versione in bianco e nero per maggiore fedeltà all’originale, tanto da “divorare” in un sol boccone il pessimo The Marvels a dimostrazione che i “nerd” e i “boomer” preferiscono i mostroni alle menate propagandistiche.
La trama comincia sul finire della Seconda Guerra Mondiale quando il pilota kamikaze Koichi Shikishima finge vigliaccamente un malfunzionamento del suo mezzo, per non svolgere il suo dovere di soldato, e atterra sull’isola di Odo. A subdorare la viltà è il meccanico Tachibana il quale, però, mostra una certa solidarietà con lui. Il regista vuole dimostrare un certo disfattismo esistente tra le fila imperiali per la serie “non tutti i giapponesi erano favorevoli all’Imperatore”. Gesto questo che, in qualsiasi tribunale militare, verrebbe giustamente considerato alto tradimento...
Quella notte un mostro simile ad un dinosauro, che gli abitanti dell’arcipelago chiamano Gojira, attacca l’insediamento militare e ancora una volta Koichi dimostra la sua viltà, rifiutandosi di sparare alla creatura dall’aereo, e svenendo dalla paura. Al suo risveglio scopre che l’unico sopravvisutto è il meccanico che lo ritiene responsabile della morte dei suoi commilitoni.
Shikishima rientrato in Patria viene accolto, giustamente, con disprezzo dai suoi vicini per non aver svolto il suo dovere di patriota e soldato. In questo contesto di povertà e disagio egli, però, si fa carico di Noriko una ragazza orfana che a sua volta si porta dietro una neonata, Akiko, affidatale da altre persone. Forse come forma di espiazione decide di diventare dragamine e si ricostruisce una vita. Questa parte del film che coincide con il miglioramento di vita del protagonista rivediamo quello che potremmo definire il “miracolo nipponico” quando un paese stremato da una guerra persa è diventato una potenza economica e tecnologica di livello mondiale.
Purtroppo per lui la vita consegna sempre il conto e Gojira, colpito dalle radiazioni degli esperimenti atomici statunitensi, è diventato un mostro più grande e pericoloso e si dirige verso il Giappone in una marcia inarrestabile. Il suo assalto a Tokyo sarà devastante e colpirà anche Noriko. E qui Koichi, mosso dalla rabbia, mostra un pò di virilità e, con il supporto dei suoi colleghi e del tecnico Tachibana, in forze all’esercito giapponese, organizzeranno una missione suicida per distruggere il mostro.
Godzilla Minus One è una piccola chicca che unisce la classicità con la modernità e che ha anche un cast recitativo di tutto rispetto. Tutto perfetto quindi? Potremmo dire di sì ma ci sono alcuni punti che vanno esaminati a fondo. In primis il regista Yamazaki segue bene i dettami della neo filosofia del senso di colpa e dell’autoevirazione che sta colpendo il popolo giapponese.
È forte il sentimento antimilitarista e antipatriottico di alcuni suoi personaggi. Koichi è, fondamentalmente, un personaggio odioso, debole, vile che solo verso il finale quasi si redime col gesto eroico di sganciare la bomba in bocca. Egli è mosso in primis dal desiderio di vendetta per la morte di Noriko e poi dal senso di vergogna per aver lasciato morire i suoi commilitoni riscoprendo un certo eroismo. Anche l’anziano ingegnere della Marina Kenji Noda fa tutto un pistolotto contro i kamikaze e sui crimini dell’esercito giapponese, come se la storia trita e ritrita dello “stupro di Nanchino” non fosse già abbastanza. A questo punto è più didattica la visione di quel capolavoro estremo che fu Hei tai yang 731 di Tun Fei Mou. A queste figure in bilico, il regista contrappone, come simbolo di un Giappone ancora giovane, vigoroso e pronto alla lotta è Shiru Mizushima il marinaio che ha sofferto per non essere andato in guerra, perché troppo giovane, ma che desidera agire per rendere grande il suo Paese.
Altra nota divergent in Gojira vs King Ghidora scopriamo che il nostro kaiju preferito era un dinosauro, appartenente alla razza dei godzilasaurus, sopravvisuto all’estinzione e che viveva in una delle isole dell’atollo di Bikini. In questa versione esso aiuta i soldati giapponesi contro gli yankee regalandoci scene di un grandissimo pathos. In Minus One, invece, si ha il messaggio dei giapponesi cattivi ed invasori. Perchè non dimentichiamolo è vero che Godzilla è una critica alle guerre e alle armi atomiche ma mostrava un popolo fiero e valoroso che, benché sconfitto nella maniera più ignominiosa, mostrava ancora un senso dell’onore e della Patria fortissimi.
Sull’happy end si può discutere, Noriko, creduta morta, viene trovata ferita e sfreggiata ma in vita e pronta all’amore di Koichi. Ecco questa parte melensa e forzatamente romantica ha tolto quella drammaticità ad una pellicola forte, incisiva e, ove possibile, realistica, o per contro, le ha restiuito un pizzico di ottimismo verso un futuro di riscatto individuale e nazionale, nonché una nota di magia.
Finale o no? Nella prima scena dopo i titoli di coda vediamo uno dei frammenti di Godzilla rigenerarsi facendo immaginare un possibile seguito. Ipotesi che in molti sperano anche per vedere come sarà il nuovo corso dei kaiju.
Difatti facendo un raffronto col Godzilla del Monsterverse yankee notiamo subito la grandissima differenza di prospettiva. Il mostro americano, che non viene chiamato kaiju ma titano, benché animalesco ed istintivo, la sua lotta con Kong come maschio Alpha ne è la dimostrazione, nasce subito come spirito della Terra e come protettore del Pianeta. In buona sostanza ricalca la serie animata di Hanna&Barbera.
Il Gojira di Yamazaki è bestialità allo stato puro. E’ una minaccia creata da Madre Natura ma deformata e potenziata dagli uomini. Così come in Shin Godzilla anche questa incarnazione non lascia spazio alla speranza risulta una minaccia sempre in agguato. Perché alla fine Godzilla altro non è che una spada di Damocle sulla testa dell’Umanità. Perché finché noi uomini continueremo a creare armi di distruzione di massa sempre più potenti, a depredare e inquinare il pianeta, quel mostro che è il lato oscuro della nostra natura continuerà a crescere e rigenerarsi.
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