Se Vladimir Putin avesse visto Winter on fire, il documentario del regista di origine israeliana Evgeny Afineevsky, sulla rivoluzione di piazza Maiden, probabilmente non avrebbe commesso l’errore di sottovalutare l’eroismo del popolo ucraino.
Il documentario, che ha per sottotitolo Ukraine’s fight for freedom, è visibile sulla piattaforma Netflix ed ha vinto numerosi premi. Un film con immagini brutali che rifugge dall’analisi politica e dalla ricostruzione storica.
Si tratta di immagini raccolte nel momento dei fatti, rigorosamente dall’interno e dalla parte delle donne e degli uomini di piazza Maidan. Un documentario fondamentale per comprendere l’evoluzione assunta dalla odierna crisi ucraina.
Raccontando cronologicamente le vicende e i cruenti scontri con le forze della milizia berkut, assistiamo all’escalation della repressione che finirà con il ricorrere all’uso indiscriminato delle armi da fuoco.
Novantatré giorni a cavallo del Capodanno 2014, in cui il popolo ucraino ha lottato nelle strade di Kiev per scongiurare l’avvento di uno stato di polizia e per stabilire il diritto a destituire un presidente che governava contro gli interessi della nazione.
Le manifestazioni cominciarono il 21 novembre 2013 con le pacifiche manifestazioni europeiste, per concludersi il 18 febbraio 2014, con un bilancio di sangue: 125 morti, oltre 1100 feriti e 65 dispersi, quasi tutti tra i rivoltosi.
Il 22 febbraio 2014, il presidente eletto dell’Ucraina Viktor Janukovic abbandonò Kiev per riparare in Russia, paese con il quale era tornato ad intrecciare un rapporto cordiale. La rivoluzione ucraina di piazza Maidan, aveva vinto.
Anche se il documentario non ne parla, a distinguersi negli scontri furono i militanti di Pravyj Sektor,un gruppo paramilitare ispirato ai partigiani ucraini che durante la Seconda guerra mondiale combatterono contro l’URSS e le forze dell’Asse.
I rivoltosi di piazza Maidan vogliono un trattato di libero scambio con la UE e gridano: Gloria all’Ucraina! Gloria agli eroi! Lo stesso motto dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini (OUN), un partito politico filo fascista nato nel 1929.
Sulle barricate dei rivoltosi compaiono i simboli della formazione nazionalista di Stepan Bandera e le bandiere rosso-nere dell’Esercito insurrezionale ucraino, il braccio militare dell’OUN che fiancheggiò l’esercito tedesco.
Oltre alla fuga di Janokovic, quella “rivoluzione” provocò altre conseguenze. Nelle principali città della Crimea vi furono moti filorussi e il 26 febbraio 2014 l’Armata Russa assunse il controllo di quella parte del territorio ucraino sul Mar Nero.
Quest’ultima data consente di dipanare il fil rouge tra avvenimenti solo apparentemente distanti nel tempo. Il 24 febbraio 2022, Putin darà il via all’operazione militare speciale o, più correttamente, l’invasione russa dell’Ucraina
Comments