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Alessandro Bottero

Fumetto USA: Quello che nessuno vi dice! Terza puntata. Le colpe (??) dei padri ricadono sui figli

Aggiornamento: 17 ott 2022

Perché io, Il Signore, sono il tuo Dio, un Di geloso, che punisce la colpa di padri nei figli, fino alla terza e alla quarta generazione” Esodo 20,5

Perché iniziamo il terzo ed ultimo appuntamento con le nostre riflessioni sui segreti del fumetto USA con questo versetto tratto dal libro dell’Esodo? Perché per una serie di perversioni mentali e deviazioni dal buon senso, oggi non è il dio geloso che punisce i figli per le colpe dei padri, ma sono i “figli” che ritenendo colpevoli i “padri” si autopuniscono. Più che Antico Testamento potremmo dire Nuovo Tafazzi, e coglieremmo lucidamente il nocciolo della questione.

La (vera) genesi della teoria del gender

Quali sono queste colpe (presunte) dei padri? Dobbiamo partire da lontano, dagli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, quando all’interno della letteratura soprattutto anglofona e francofona iniziò a porsi il problema della dignità sostanziale delle letterature nate nei territori all’epoca coloniali. Scrittori nati e cresciuti nei territori dell’ex-impero britannico o di quello francese, decisero di non sentirsi più obbligati a conformarsi al canone letterario britannico o francese, e che era loro diritto trovare una voce autonoma. E se ci pensiamo ha un senso. Pur condividendo la stessa lingua uno scrittore caraibico non può uniformarsi pedissequamente ai canoni e ai dogmi letterari londinesi. Oltre alla lingua, infatti, sono l’ambiente in cui si vive e le esperienze personali a forgiare la lingua propria dell’autore. Affermare il diritto a cercare una propria strada letteraria, uscendo dai confini stabiliti dal mondo letterario UK o Parigino, non si può contestare. Nacquero quindi studi critici e letterari per promuovere letterature locali e/o nazionali. Il passo successivo fu, sempre in ambito letterario, indagare su altre possibili strade di sviluppo. Perché limitarsi alla nazionalità? Anche la condizione sociale può influire sulle opere. Uno scrittore caraibico appartenente all’élite economica e uno scrittore inglese anche lui appartenente all’élite economica, pur di nazioni diverse, confidino altri elementi che possono influenzare in modo simile le loro opere. Gli studi e le indagini proseguirono fino ad arrivare a due punti cruciali: il genere sessuale e la razza. Dalla fine del colonialismo in poi e per tutti gli anni ’70 la discussione se esistesse – ad esempio – una letteratura africana, sostanzialmente ed irriducibilmente diversa da una letteratura non-africana fu rovente. Il concetto di negritudine, assunto come valore positivo contrapposto alla bianchitudine, che era l’incarnazione dell’occidente colonialista. Stessa cosa per la dicotomia uomo/donna. Esisteva una letteratura femminile, irriducibilmente e sostanzialmente diversa dalla letteratura al maschile che fino ad allora era stata quella dominante? Sarebbe interessante, e probabilmente utile, allargare il campo di osservazione e capire in che modo la riflessione sul genere (gender) dalla sua nascita in campo letterario sia diventata una ideologia che tenta di interpretare e spiegare tutta la società, ma non è questo il luogo, e non ne abbiamo il tempo. Questa digressione serviva solo per capire che sessant’anni fa circa (semplifichiamo molto) qualcuno iniziò a dire “quello che si è fatto finora era sbagliato, perché era espressione di UN gruppo sociale dominante, che escludeva tutti gli altri”.

Il Superman cinese

È questa la colpa innominabile dei padri. I figli si sono accorti di tale colpa e hanno deciso di espiare. Ecco spiegata l’alluvione di personaggi appartenenti a minoranze razziali o identitario-sessuali, che negli ultimi anni ha caratterizzato il mondo del fumetto USA. Ovviamente essendo i supereroi la tipologia di fumetto più diffusa negli USA è qui che questo fenomeno appare in modo più massiccio. E oltre questo il semplice dato di fatto che le due case editrici più grandi e dalla produzione più massiccia di fumetti di super eroi (Marvel Comics e DC Comics) siano in realtà sezionidi megacolossi dell’intrattenimento visuale cinematografico e televisivo, settori dove il procedimento di denuncia delle colpe dei padri era già attivo da tempo, chiarisce la cosa: era impossibile che il mondo del fumetto supereroistico USA evitasse di cadere in pieno nel tafazzismo più sfrenato.

Fermiamoci però su un particolare, perché va chiarito per bene: quando diciamo che le due case editrici Marvel e DC Comics sono sezioni di altre aziende, significa che Marvel e DC Comics come editoria non sono libere di decidereda sole ed esclusivamente da sole cosa pubblicare. I fumetti pubblicati devono conformarsi. O quantomeno non contrastare, le direttive seguite nella produzione dei film e delle serie TV, i veri settori che danno profitti. Quando il film Avengers Endgame realizza da solo il 25 dei profitti della Disney corporation, alla Disney non interessa se il fumetto Avengers venda una fetecchia. Interessa A che il fumetto Avengers esista e sia pubblicato per bloccare il trademark; B che il fumetto Avengers non pubblichi cose, idee, situazioni, o contenga affermazioni che possano scontentare i finanziatori dei futuri film del Marvel Cinematic Universe. E se, ad esempio, tra i finanziatori c’è un fondo di investimento cinese, allora difficilmente sul fumetto Avengers o in un fumetto Marvel si leggerà una storia che parla del Tibet oppresso, come poteva essere possibile 15 o 20 anni fa.

Non ci credete? Ecco un esempio tratto dalla storia editoriale recente della DC Comics.

2006-2007 Mega evento 52. Miniserie legata all’evento World War III. La Cina è dietro l’attacco a Black Adam che ne scatena la furia omicida. Non viene mai detto, ma chi legge capisce benissimo che il vero cattivo è il governo della Cina.

Salto in avanti di dieci anni. 2016 La Cina ha iniziato a investire ad Hollywood, tramite fondi finanziari. La Warner Bros. è una compagnia che fa film, e cerca investitori e finanziatori. Ecco che la DC Comics con Rebirth pubblica New Superman, ossia una versione cinese di Superman, con le autorità cinesi che passano da cattivi manipolatori a attenti custodi dell’ordine, severi ma giusti. E a rafforzare la cosa dal numero 20 la serie cambia nome in New Superman and the Justice League of China.

Sintetizzando: Le esigenze della casa madre decidono delle scelte narrative della casa editrice, che non è libera di decidere da sola ma deve seguire regole imposte dall’alto.

Abbiamo sbagliato tutto!!!! Dobbiamo espiare!!!!!

Ora, chiariti questi punti, in cosa si è concretizzato il tafazzismo? Il ragionamento è stato il seguente

Per decenni la classe dominante, ossia il maschio etero bianco, ha escluso dalla rappresentazione visiva tutte le altre componenti della società: omosessuali, femmine, neri/rossi/gialli. Non è giusto che nei film, alla TV, nei fumetti, nelle canzoni, i personaggi siano solo maschi etero bianchi! Bisogna porre rimedio a questo sfregio fatto alle minoranze da chi ci ha preceduto!”.

Tutto ciò ha portato al delirio delle regole emanate dall’Academy, per cui se vuoi che il tuo film possa concorrere nella categoria Best Film, il cast, la troupe, e financo chi lavora alla promozione, devono seguire precise regole da bilancino per cui è necessario (ad esempio) che nel cast e nei personaggi di un blockbuster a priori sia presente un disabile, sennò niente Best Film. Perché un personaggio degli Eterni (film Marvel) era sordomuta, mentre nel fumetto di cui il film voleva essere una trasposizione lo stesso personaggio non lo era? Non per motivi narrativi, ma solo perché "dobbiamo far vedere i disabili, sennò non siamo inclusivi", cosa che se una la sente si chiede "ma sono seri?"

Il fatto ridicolo ora è che il pendolo ha oscillato fino ad arrivare all’opposto. Se prima non c’erano personaggi neri, ora c’è una ridondanza. Se prima i personaggi erano tutti etero, ora nel disperato tentativo di “rimediare” alle colpe dei padri, è una corsa a rendere tutti i personaggi omosessuali o bisessuali. Wolverine e Ciclope? Hanno un menage a troi a Krakoa con Jean Grey. Robin? Ha un ragazzo. Batman? Non l’ha mai detto, ma da ragazzo ha suonato il flauto di un amico. Superman? Non osiamo toccare Clark Kent, ma il figlio gioca nell’altra squadra. E così via. Capitan America? Magari non Steve Rogers, ma UN Capitan America gay non si nega a nessuno, e così per l’Uomo Ragno. E prevedere il futuro è facilissimo. Volete che Tony Stark durante le feste a base di sesso e alcool non abbia mai provato l’ebbrezza dei pettorali di un giovane industriale? E l’incapacità di Johnny Storm di avere relazioni serie non dipende forse dal suo non accettarsi come gay? E così via. Qualsiasi gradazione sessuale va bene, purché si colpisca la colpa dell’aver raffigurato “solo personaggi etero”. E quindi a questo punto si raffigurano “solo personaggi gay o bisex”, commettendo lo stesso errore di prima, ma siccome stavolta l’errore lo faccio io, non è un errore ma “una riparazione di decenni di prevaricazioni”.


Combattere il razzismo? Ma mi faccia il piacere!

La risposta a queste obiezioni è “Lo facciamo per combattere il razzismo e l’omofobia della società”, affermazione quanto mai ipocrita e ruffiana. Ma siccome il popolo è bue, e il popolo dei social ancora di più, una cosa del genere viene creduta e si inneggia alle multinazionali che “sono inclusive e combattono per un futuro migliore”.

Il bello è che quelli che inneggiano alle multinazionali sono gli stessi che hanno letto e adorato V for Vendetta, ossia l’opera principe della rivolta dell’individuo contro la massificazione portata avanti da governi e gruppi di potere. Da un lato si loda un fumetto che richiama alla lotta contro il potere, e nello stesso tempo ci si lascia sedurre e abbindolare dal potere quando questo, da autentico genio, dice quello che la gente vuole sentire.

Infatti, credere seriamente che le mosse della Disney, come ad esempio inserire una coppia di uccelli gay nella nuova versione di Duck Tales, o della DC Comics, ad esempio di rivelare che Batman/Bruce Wayne in gioventù è stato bisex, combattano davvero il razzismo e l’omofobia è da idioti.

La società americana è razzista? Sì. Onestamente lo è. È omofoba? Sicuramente non nelle grandi città, ma è un dato di fatto che nella vastissima provincia tra costa est e costa ovest esistono larghe zone dove Stonewall non è mai accaduta. È vero.

Ma se sei la Disney e vuoi combattere il razzismo, combattere veramente il razzismo, non lo fai ficcando una fata turchina nera nel live action di Pinocchio. Lo fai individuando 100 scuole pubbliche elementari nelle periferie più disagiate di 50 città, e attivando un programma di finanziamento decennale, così queste scuole elementari potranno pagare gli insegnanti migliori e combatteranno l’ignoranza e formeranno generazioni di ragazzi più istruiti. In sintesi, combatti il razzismo cacciando i soldi. E soprattutto se sei la Disney o una qualsiasi multinazionale tutto questo lo devi fare senza ricavarci nulla, né a livello di soldi né di popolarità. Sennò non combatti il razzismo, ma sfrutti la buona fede del pubblico per farti passare da brava multinazionale.

Vuoi combattere l’omofobia? Davvero? Allora non metti due uccelli genitori gay in Ducktales. Invece finanzi per dieci anni cento centri di socializzazione nelle periferie delle grandi città, e sostieni finanziariamente progetti di inclusione sociale. Sempre senza dirlo. Lo fai, e basta

E se sei la Disney, la Warner, la Marvel, la DC Comics i soldi per fare queste cose ce li hai.

Sei Netflix e vuoi combattere il razzismo? Non lo combatti facendo diventare di colore Death in Sandman. Lo combatti se sostieni con i tuoi soldi progetti continuativi nelle periferie devastate.

Altrimenti non è lotta al razzismo o all’omofobia, ma mera autopromozione per far crescere il tuo brand. Si chiama Rainbow Washing, ossia proclamare di lottare contro l’omofobia, quando in realtà i tuoi atti servono solo ed unicamente a fare bella figura.

Sciascia anni fa chiamò figure simili in Italia i Professionisti dell’antimafia, ossia chi usava l’antimafia per promuovere sé stessi e le proprie carriere. Qui potremmo definirli i Professionisti dell’inclusività, autori e addetti ai lavori che usano l’esigenza di maggiore rappresentatività per promuovere sé stessi e le proprie carriere.


Il Terzo segreto

E così siamo arrivati alla fine. Il terzo segreto, dopo (A) la rivelazione che alle case editrici delle vendite dei fumetti non interessa nulla e dopo (B) la rivelazione che perfino negli USA i super eroi non vendano più niente è che (C) l’alluvione di personaggi neri o “diversamente sessualizzati” nei fumetti è solo ed unicamente una mossa promozionale da parte delle multinazionali che decidono i contenuti da pubblicare per Marvel e DC Comics (Disney e Warner) per rifarsi una verginità presso le nuove generazioni, ma nei fatti non serve assolutamente a niente se si vuole combattere razzismo od omofobia presenti nella società USA.

Lo so. È triste. Ma è il XXI secolo, bellezza. Non possiamo permetterci di essere ingenui.



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