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Alessandro Bottero

Evil, serie TV che non delude

Ormai è diventato quasi impossibile essere costantemente aggiornati su tutte le produzioni TV che escono a ciclo continuo. La mole di materiale distribuito ogni mese è tale che qualcosa sfugge sempre, al momento della prima trasmissione. Poi, fortunatamente, le voci girano, e alcuni gioielli passati inosservati si rivelano allo spettatore attento. Evil, serie USA in quattro stagioni tra il 2019 e il 2024, è un esempio perfetto. Disponibile su Netflix, quindi facilmente reperibile, Evil è una serie che non è sbagliato definire unica nel suo genere.

EVIL, copertina

In sintesi, si tratta di uno scontro tra Bene e Male, dove il Male è alla fine identificato nei 60, le sessanta casate demoniache, che preparano l’avvento dell’anticristo, e il Bene è indentificato nella Chiesa Cattolica, e nello specifico dalla squadra di esorcisti/esaminatori, composta da un seminarista poi diventato sacerdote (Padre David Acosta), uno scienziato musulmano “Ben”, scienziato di origine indiana, ateo, e una psicologa agnostica (Kristen Bouchard).


Evil

La forza della serie è in un mix quasi perfetto di scrittura (gli autori, Robert e Michelle King, sono probabilmente gli sceneggiatori migliori attualmente in attività), recitazione (gli attori sono tutti ottimi, e in particolare Michael Emerson nei panni dell’arcinemico Leland Townsend inquietante e satanico è perfetto), e mood (l’atmosfera mescola senza mai sbagliare horror & black comedy). Cosa più unica che rara il ritratto della Chiesa che esce dalla serie non è macchiettistico o parodistico. Si vede che c’è rispetto e conoscenza dei temi di cui si parla, e che se ogni tanto si scherza del diavolo, lo si considera sempre una cosa molto molto seria.


Evil

È una serie woke? No. Ha forti protagonisti femminili? Sì. Ha forti protagonisti maschili? Sì. Ha personaggi che si sviluppano nel corso della serie, crescendo, arricchendosi? Sì. Finisce bene? Non possiamo dirlo. La serie va vista per tutte e quattro le stagioni, perché c’è una continuità narrativa e uno sviluppo della storia che va seguito, per capire appieno cosa stia succedendo. È un difetto? No. È una sfida per lo spettatore. E se la si accoglie alla fine risultato è molto soddisfacente.


A un certo punto nel corso della serie si dice che la cosa di cui ha paura l’avversario (il Male), è l’unione. Ed è vero. L’insegnamento che traspare da quest’ultima opera dei coniugi King è che da soli il Male vince. Uniti c’è una possibilità. Ma tranquilli. Evil non è una serie moralista o catechetica. È una serie che sa come intrattenere, e sa come far pensare. E di questi tempi non è poco.

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