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Pier Luigi Manieri

E niente, ci siamo giocati pure il Dalai Lama. Resta poco del Nobel per la Pace 1989

Aggiornamento: 9 ago 2023


Avvizzito e speriamo, rincretinito, sta demolendo la sua reputazione. Che fosse uno scherzo o meno, la sua richiesta è disgustosamente fuori luogo. Senza contare che era stata anticipata da un bacio che nello sgomento generale è passato in secondo piano ma che è invece, qualcosa di parimenti deprecabile. Abbiamo detto, speriamo rincretinito perché se invece fosse lucido, sulla sua figura calerebbe una cappa d’inquietante ambiguità. Desta una certa impressione anche il modo virulento con cui si propagano le idee, anche quelle più bislacche. Più di qualcuno si sta domandando se la sua agghiacciante richiesta sia una tradizione. Qualcuno se lo domanda per mitigare il disgusto ma tant’è. Quella del Dalai Lama è l’ultima di una lunga serie in cui le figure più alte e autorevoli del pianeta non sembrano essere all’altezza della loro dimensione. Biden, Carlo d’Inghilterra, Putin, lo stesso Papa Bergoglio sembrano schiacciati dal peso delle loro storie e se un personaggio come Zelensky è proposto come salvatore del mondo, anche i pensieri più apocalittici sono autorizzati e finanche che l’Armageddon, il Ragnarok, il Kali Yuga siano alle porte. Del resto, se il relativismo etico s’impone come matrice di questo tempo, c’è spazio per tutto, compreso il peggio.

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