Dai girotondi di Moretti per tenersi a galla, ai recentissimi tonfi di Schlein, Annunziata, Fazio e Bellocchio. È un’entropia. La stratificata assenza di una missione sta risucchiando la principale forza del centrosinistra, incapace di reagire se non schizofrenicamente e con cattiveria. Dopo la mazzata delle comunali, le correnti puntano la gola di Elly e intanto Sansonetti fa fuori Angela Azzaro da L’Unità: “superflua e non strettamente necessaria”
Lo scrivemmo in diversi articoli in occasione della sua nomina, Elly Schlein non avrebbe modificato la rotta, se non in peggio. Lo scrivemmo quando più di qualcuno fraintese l’operazione di restyling e temette il peggio. Lo ribadimmo mentre sembrava che stesse aumentando il bacino (in realtà stava sì acchiappando un manipolo di scappati di casa creduloni che ondeggiano tra 5S, Leu e PD ma perdendo parallelamente il consenso moderato). In realtà, come le bugie, anche il nuovo numero uno del fu PC, ha le gambe corte. Le sue promesse di rilancio verso quote siderali si è disintegrato al primo vero round.
Già in Parlamento, in effetti, era uscita malconcia nei frontali con Giorgia Meloni, facendo sorgere più di un dubbio nelle anime meno infiammabili del partito e elettorato. Devono averle fatto osservare che se avesse insistito con la tabula rasa sui tagli alle successioni, avrebbe scoraggiato il popolo delle ztl, che girerà per Capalbio a piedi nudi ma ha la francesina di coccodrillo nell’armadio, deve essere stato qui che qualche illuminato spin doctor suggerisce il servizio su Vogue con annessa armocromista. Il messaggio è: Sono una donna per tutte le stagioni (chissà che avrà pensato Fazio), lancio molotov e bevo champagne. Ma fuori dal tam tam della propaganda, chi è Elli Schlein? È il lupo travestito da agnello. Figlia del mondialismo imprenditoriale, si maschera da compagna per vendere fumo negli occhi. Schlein è stata Assessore all’Ambiente dell’Emilia Romagna, cioè, colei che avrebbe dovuto vigilare. Chissà come sarebbe andata se avesse pensato meno all’autopromozione e più ai fatti. Meno vicinanza alle deliranti azioni di Ultima Generazione e più prevenzione, manutenzione, serietà. Meno mistificazione e più verità.
Se questa sberla elettorale ha chiarito qualcosa, è che gli italiani non intendono più passare per fessi. Sì sono tolti la sveglia dal collo. Il cdx è passato ovunque, specie nelle città storicamente inespugnabili come Pistoia e Siena, feudo del Monte dei Paschi. A Pomezia, dopo quindici anni stagnanti tra PD e M5S ha vinto una giovane donna, Veronica Felici che si è preparata a lungo. Dieci anni di apprendistato per arrivare dove non sono giunti neppure nomi eccellenti dell’impresa locale. Nel segno di Meloni, Felici è l’anti Schlein. Programmazione da un lato, effetti speciali dall’altro. Conoscenza del territorio contro investitura transnazionale; madre e lavoratrice contro ereditiera, teorica dell’utero in affitto.
Felici è solo un esempio virtuoso delle tante donne che si stanno imponendo, come Vanda Braghetta a Sacrofano, dove intende portare cultura, turismo, politiche sociali e giovanili, o Francesca Di Paolo, Assessore Servizi Socio Sanitari e Assistenziali di Fonte Nuova, dove si misura con problematiche tanto reali quanto estranee a certa demagogia così cara e utile alla “narrazione”, giusto per citare l’infelice e rivelatrice riflessione del Fazioso Fabio Fazio.
Il PD prende scoppole da destra come da sinistra perché il modello autoreferenziale non vince più. Ce l’ha detto pure Cannes dove alla prova dei fatti, Moretti, Bellocchio e Rohrwacher sono stati pesati, misurati e ritenuti insufficienti.
Spiace, spiace moltissimo, perché l’Italia ha un bisogno maledetto di affermazione ma appunto, nessuno ha la sveglia al collo. Il cinema non è un bancomat da svuotare per dare corpo alle proprie tesi.
Moretti e Schlein sono le due facce della stessa medaglia: vanno bene per riempirsene la bocca ma quando poi si passa ai fatti, il castello di carte crolla miseramente. Rientrano per analogia le recenti dipartite di Fazio e Annunziata, due che hanno confuso volutamente l’intrattenimento e l’informazione con l’agiografia. Il servizio pubblico e il giornalismo non si fanno genuflessi o per contro, con ostentato ostracismo verso i non allineati. Sembra che entrambi non si siano riconosciuti nella visione della nuova direzione, quando è così non si può che dimettersi. Resta il fatto che se lavori all’Unità, scrivi in linea con la Linea, se scrivi su Plusnews, fai opinione proponendo una visione del mondo non allineata, se stai nel servizio pubblico, devi fare informazione, non propaganda. A proposito de L’Unità, torna in edicola e si lancia con questo virgolettato di Sansonetti che avrebbe potuto divenirne il claim “Sarà la testata anche di migranti e detenuti". Quindi più garantismo per tutti. O quasi tutti. Non per chi lavora in redazione, come ha amaramente scoperto Angela Azzaro, licenziata per “giusta causa” perché ritenuta “superflua e non strettamente necessaria”, come recita laconicamente la lettera di licenziamento.
L’Unità punta a stabilire il record del giornale più volte chiuso nella storia dell’editoria.
E ancora a proposito de L’Unità, uno degli artefici del suo declino, Padellaro, solo pochi giorni fa è stato la rappresentazione vivente della confusione dialettica che da decenni definisce i canoni della comunicazione dalle parti del Nazareno. Padellaro, pur di dare addosso a Italo Bocchino sotterra l’intera storia del suo partito. Un genio della comunicazione, prima lo incalza accusandolo di difendere la politica d’insediamento orchestrata da Meloni, a suo dire non democratica, quando Bocchino gli ride in faccia alludendo alla parabola del bue e dell’asino, nega che il Pd in tutte le sue versioni abbia lottizzato ogni ente, azienda, organismo pubblico, occupato tutte le poltrone di ogni ordine e grado, condizionato nomine a ogni livello, poi messo di fronte la schiacciante evidenza dei fatti, cambia versione in corsa. Ammette che sì, lo ha fatto e ha sbagliato ma…non per questo il centrodestra deve fare altrettanto, sbaglierebbe pure lui! Capite? L’ingenuo Padellaro di appena 76 anni, folgorato sulla Via de La 7, prende finalmente atto di un costume/sistema, grazie al quale il suo partito ha determinato un’egemonia culturale, intellettuale, didattica, imprenditoriale per decenni. Solo ora apre gli occhi, e lo fa non per un tardivo mea culpa ma per impartire la morale a Bocchino!
Per concludere, il limite non è di chi non vota o boccia il film, il limite è di chi, abituato malissimo, non si mette mai in discussione e vince solo col mazzo truccato. Quindi, sì, per la nuova RAI meglio Porro, Insegno e Giordano.
Meglio loro tre al ristagno delle idee.
Meglio gente che è abituata a fare giornalismo e intrattenimento consapevole di fare giornalismo e intrattenimento.
Meglio professionisti che non hanno “una narrazione “e che le loro idee le hanno pagate, meglio loro perché sanno cos’è la trincea.
Meglio loro perché se fanno programmi senza ascolti, svuotano i cassetti e vanno a casa. Meglio Porro e Giordano di Lucia Annunziata perché non saranno obiettivi ma intellettualmente onesti, sì. Meglio Insegno di Fazio, il primo è stato Aragorn, l’altro può doppiare Topo Gigio.
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