Chiacchierata fiume col celebre attore al Music Day di Roma.
Ci sono nomi e volti che hanno rappresentato la televisione e il cinema italiano degli ultimi 40 anni. Uno di questi è Aurelio “Cochi” Ponzoni che per anni è stato il gemello artistico di un mostro sacro come Renato Pozzetto nel duo comico Cochi&Renato. Poi ad un certo punto la coppia scoppia e ognuno segue la sua strada e Cochi si diletta in varie pellicole e nel teatro provando anche, senza essere eletto, la carriera politica col Partito Radicale nel 1987. Poi nel 2000 i due vecchi amici si ritroveranno assieme nello sceneggiato Rai di grandissimo successo La nebbia in Valpadana.
Di recente a Roma al Music Day Cochi ha presentato il suo libro autobiografico, edito da Baldini&Castoldi, a cura di Paolo Crespi, dal titolo La versione di Cochi. In tale occasione ha scambiato un po' di battute sia col pubblico che con la nostra redazione.
“Io sono stato un caso di doppio battesimo materno – ha esordito subito ai microfoni – poiché il mio nome è Aurelio ma mia madre sosteneva che assomigliassi ad un personaggio del Corriere dei Piccoli, chiamato Chicco Cochi e quindi mi affibbiò come nuovo nome Cochi. Difatti ogni volta che mi chiava Aurelio sapevo che avevo fatto qualcosa di male ed erano guai!”
Interviene anche il curatore dell’opera Crespi spiegando che la scelta di riportare il nome ufficiale di Ponzoni anziché il soprannome è voluto per evitare un ripetizione che sarebbe stata una cochifonia. Un libro che viene spiegato nasce come un’intervista fiume, che appunto narra una grande fetta della storia artistica nostrana, trasformata poi in prosa e un pochino anche romanzata.
Qual è stato il primo tassello del suo percorso artistico?
Questa parte della mia giovinezza è legata al mio fraterno amico Renato col quale siamo cresciuti professionalmente. Tutto è cominciato da ragazzini, eravamo ancora studenti, e nel secondo dopoguerra frequentavamo le osterie di Milano dove si incontravano la maggior parte degli intellettuali che avevano il desiderio di rinnovare il mondo culturale e delle arti figurative. La nostra hostaria preferita si chiamava l’Oca d’oro, nei pressi di Porta Romana, ove io e Renato strimpellavamo le nostre canzoni un po' anarchiche e le nostre invenzioni del momento con un pubblico di un élite incredibile vi faccio nomi come Dino Buzzati, Umberto Eco, Lucio Fontana e Piero Manzoni. Questo solo per dire la fortuna che abbiamo avuto di farci conoscere ed apprezzare, noi che eravamo solo ragazzini, da questi pezzi da 90.
Chi è stato il vostro più grande sponsor in quegli anni?
Colui che ci ha sostenuto maggiormente è stato Lucio Fontana. Lui parlava solo meneghino stretto e ogni volta che finivamo di cantare ci diceva sempre in milanese vi mando a Sanremo e quindi lui è stato uno dei nostri supporter. Ma un secondo nostro sostenitore fu Buzzati che aveva una visione e una verve creativa molto originali. Questa è stata un po' la nostra palestra e poi successe che di fianco a questa osteria vi era una galleria d’arte che si chiamava La Muffola dove esponevano le loro ceramiche quelli del Gruppo d’Albissola di cui facevano parte nomi importanti uno per tutti Manzù. Potremmo dire che molto del nostro coraggio da esordienti ce l’hanno trasmesso questi artisti che per l’epoca erano provocatori e fuori dalle righe.
Ha qualche ricordo particolare di quel periodo?
Io ero molto amico di Piero Manzoni e fui proprio il primo a cui mostrò quella che sarebbe divenuta la sua opera artistica più famosa. Dovete sapere che quelli erano anni in cui gli artisti facevano davvero la fame e Manzoni era uno di quelli che se la passava peggio. Anche perché lui era un vero bohemienne che aveva rinnegato le sue origini nobili e ricchissime per vivere a Brera in un tugurio senza riscaldamento che divenne il suo studio. Una sera, appunto, mi ricordo che ero appena tornato dall’Inghilterra e lui mi si presenta con una scatoletta. Io convinto fosse tonno mi complimentai con lui che mi rispose stizzito: Ma che tonno e tonno questa è la mia merda! Guarda cosa ci sta scritto sopra. Vi lessi sopra la scritta Merde d’Artiste e lui mi disse che voleva inviarne una a Krusciov, cosa che poi realmente fece e a tutt’oggi ignoro cosa ne abbia fatto il leader sovietico… comunque lui è stato un nostro grande amico che è morto troppo giovane senza venire a conoscenza della sua fama. Mi piace anche ricordarlo per quella sua iniziativa artistica, ma dettata da motivi alimentari, di rilasciare la pergamena col certificato di Culo artistico a tutte le avventrici benestanti dell’Oca d’oro al prezzo di 10mila lire.
Quando ci fu la prima volta con un pubblico popolare?
Ad un certo punto, col sostegno di Fontana, creammo il nostro primo cabaret chiamato CAB 84 che nasceva da una cooperativa artistica di cui facevano parte anche Nino Toffolo, Bruno Lauzi e Felice Andreasi e lì ci esibimmo per la prima volta davanti ad un pubblico pagante. In questo cabaret hanno mosso i primi passi personaggi come Franco Battiato, appena arrivato dalla Sicilia, che poi fu scoperto e lanciato da Giorgio Gaber.
Parlando ora delle sue esperienze cinematografiche lei ha recitato in quel piccolo gioiello cinematografico che fu Cuore di Cane…
Ecco questo film ha una parentesi magica, io avevo da poco letto il libro scritto da Bulgakov e ne ero rimasto affascinato e dentro di me dicevo che avrei voluto recitare la parte di un cane che diventa uomo e poi di nuovo cane. Neanche una settimana dopo mi telefona Alberto Lattuada offrendomi la parte. Per me fu come un miracolo una di quelle cose che succede forse solo nelle favole. Quando poi venni a Roma per conoscere il resto del cast il regista mi presentò quello che sarebbe stato il mio antagonista cinematografico un pezzo da 90 alto quasi 2 metri che da ragazzino avevo visto al cineforum e che aveva fatto tutti i film di Bergman era Max Von Sidow il quale era reduce dalle riprese de L’Esorcista. Si trattò di una bellissima avventura ma con dei dislivelli paurosi tant’è che io presentandomi a Max gli dissi che ero esordiente come attore cinematografico e provenivo dal cabaret e dagli spettacoli comici pertanto mi sentivo in soggezione davanti ad un mostro sacro come lui. La sua risposta fu una mano sulle spalle e la dolcezza paterna di chi ti dice di non preoccuparti, anzi, che ci si sarebbe divertiti assieme. E lui per me sul set fu padre e maestro il tutto con una grande umanità. Devo dire che sono stato molto fortunato debuttare in un film con un attore del genere non è da tutti. Questo per dire come nel nostro lavoro molto dipenda dalla fortuna.
Lei ha preso parte anche Sturmtruppen che è stato tra i primi cinecomic italiano.
Sì quel film è stato l’antesignano di questo filone cinematografico oggi in voga visto che fu preso dalle strisce di Bonvi da un’idea di Ennio De Concili, che era un grande sceneggiatore, e poi l’abbiamo ereditata noi. Difatti la sceneggiatura finale fu a firma mia di Renato, di Bonvi e di altri amici che ci hanno dato qualche dritta e la regia l’ha fatta Salvatore Samperi. E’ stata un’avventura divertentissima e riuscitissima poiché in pochi sanno che fu un campione d’incassi incredibile tanto da chiederci di fare un sequel.
E perché non lo faceste?
Erano altri tempi e noi non avevamo quella mentalità lì poi fecero Cacchientruppen e altre robe ma non del livello dell’originale e non ebbero un grande successo.
Lei fece anche il film Io zombo, tu zombi, lei zomba di Nello Rossati nel 1979 che fu una commistione di generi con l’horror romeriano di quegli anni e la commedia sexy nostrana.
Fu un film in cui io mi divertii moltissimo anche perché ho lavorato con dei grandissimi amici come Renzo Montagnani e Duilio Del Prete e poi uno dei simboli della commedia scollacciata che era Nadia Cassini molto importante dal punto di vista dell’apparenza.
Poi lavorò nella commedia a sfondo sociale e politica che fu Colpiti da Cocente Passione di Giorgio Capitani del 1976.
Fu un film che raccontava delle esperienze che io conoscevo e ho vissuto ossia quella della Milano degli operai e dei pendolari. E’ stata un’esperienza fantastica e la ricordo anche perché abbiamo inter scambiato delle conoscenze visto che nel cast oltra ad Aldo Maccione e alla Spaak vi era l’attrice inglese Jane Birkin ed è stata quindi una bellissima esperienza sia umana che artistica.
Ricordiamo anche la commedia a sfondo satirico politica che fu Scherzi da Prete di Pierfrancesco Pingitore del 1978.
Per questo film fui reclutato dal mio carissimo amico Pippo Franco, che anche lui lavorò al Derby, e anche in questa occasione mi divertii moltissimo a fare un film che sembrava leggero ma che in realtà colpiva la classe dirigente dell’epoca.
Successivamente tornerà in Tv assieme al suo amico di sempre con La Nebbia in Valpadana.
Sì era il 2000, io ero a Roma in quel periodo, e Renato mi chiama dicendomi che c’era in ballo una serie televisiva e mi voleva al suo fianco. Fu un’esperienza controcorrente con la dirigenza RAI dell’epoca. Difatti ci rompevano le scatole in continuazione con questo non si può fare e questo non si può dire e noi le sceneggiature le scrivevamo al mattino prima di girare. Per farvi capire il primo episodio della serie doveva vedere Renato che andava a fare la spesa al supermercato e poi nel baule dell’auto trovava un neonato. Ecco questo incipit ci è stato cancellato anche se poi c’era uno sviluppo della storia in chiave giallo-comica. In pratica ci arrivavano da Roma ogni giorno fax con lamentele e tagli da apportare e noi dovevamo in corso d’opera cambiare sceneggiature e dialoghi.
E fu per questo che, nonostante il grandissimo successo, non giraste mai un seconda stagione?
In parte e in parte perché io e Renato avevamo ritrovato l’entusiasmo e la sinergia di un tempo e volevamo ricominciare dal teatro. Purtroppo nessuno ci dava credito e allora affittammo a nostre spese il Teatro Nazionale di Milano e abbiamo fatto il tutto esaurito per due mesi di fila. E quindi in seguito a questo successo di pubblico che abbiamo deciso di fare ogni anno, per ben 14 anni, un recital con orchestra avendo sempre un grande esito di pubblico. E poi i nostri vari impegni ci hanno un po' separato ma io e lui siamo rimasti ancora legatissimi.
Quali saranno i suoi prossimi impegni per il futuro?
Intanto continuerò il mio giro di presentazioni del mio libro, oggi stiamo alla 101esima, poi ho in ballo un film di cui preferisco non parlare che comunque riguarderà la Milano che conosco quella malavitosa della Leggera anche se in chiave un po' romantica.
Quindi la Vita l’è ancora bella?
Sì per me lo è ancora per innumerevoli cose.
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