Se ne va Mary, aveva 83 anni, che con suo marito Betto aveva fondato la trattoria al Quadraro intitolata con i loro nomi e con lei se ne va un pezzo della ristorazione romana, così come dice uno dei tre figli Marco Spoletini “era burbera, schietta, un po’ alla Anna Magnani, una donna che sapeva farsi valere, che incuteva un certo timore nonostante fosse piccoletta, ha messo alla porta più di una volta personaggi molesti che misero piede nella trattoria”. Da più di 50 anni “Betto e Mary” è stata la trattoria senza pretese in cui mangiare tutta quella serie di piatti tipici dai rigatoni con la pajata al quinto quarto, la trippa, coda alla vaccinara e l’amatriciana insomma tutte quelle ricette romane, succulente e grevi per stomaci abituati a “sfamasse” come si dice a Roma.
Tra via del Mandrione e Torpignattara in via di Sarvognan 99 questo posto è un’istituzione, simbolo di una cucina vera e sincera che va scomparendo ma rimane una pietra miliare del mangiare regionale, da dove partire se si vuole capire bene di cosa è fatta la vera cucina romana dove coratella, animelle con carciofi, abbacchio sono i piatti forti. L’ambiente è basico ma non come lo si può intendere oggi, basico nel senso che c’è l’indispensabile, i tavoli apparecchiati con tovaglia di carta a quadretti, bicchieri grossi in uno stanzone con le doghe di legno alle pareti e tanti cimeli di un luogo dove il tempo sembra essersi fermato, dove non c’è stato nessun ammodernamento, migliorìa che potesse rendere l’ambiente più attuale o più confortevole e bello. Tutto talmente vintage, datato, da apparire oggi stranamente attuale, moderno, un locale dove si va per mangiare, senza sentire il bisogno di fare foto ai piatti e postarli sui social. C’è la fila per sedersi ad uno dei tavoli adesso come prima, segno che il gradimento per la cucina di Betto e Mary è buona e semplice, amata da chef come Gabriele Rubini alias Chef Rubio che la annovera tra i suoi posti del cuore; non disdegnata nemmeno dal cinema e personaggi del mondo dello spettacolo come Mario Merola, Ezio Bosso, Billy Corgan degli Smashing Pumpkins e certamente lo sarà ancora.
Grande parte del menù è dedicato alla carne “i vegani sono l’antitesi di quello che proponiamo in cucina” soleva dire Mary con più di una punta di disprezzo, forse perché era lei a sentirsi disprezzare da chi non amava le sue proposte. Le puntarelle e la cicoria ripassata in padella non sono forse buoni per i vegani? Andare a pranzare in una trattoria del genere e fare i difficili è un controsenso, bisogna capire che proprio per queste sue qualità Betto e Mary è un simbolo di un modo di fare ristorazione che se va, che sta scomparendo, dove la materia prima è buona e di qualità ma non è tracciabile, priva di certificazioni bio, DOP, IGP (Mary andava al mercato e decideva secondo i suoi parametri cosa comprare giornalmente tra ciò che c’era di più fresco e appetibile) dove i piatti non sono alleggeriti, rivisitati, destrutturati e ricomposti, sifonati o in vaso cottura, cotti a bassa temperatura e via dicendo; si tratta invece di una sorta di archeo-cucina e come tale vista come un patrimonio culturale.
Il menù viene raccontato dal cameriere e comprende oltre agli antipasti e ai primi, i rigatoni una vera chicca sono fatti in casa, molte proposte di carne cotta al camino, molta carne di cavallo e con il vino della casa, primo, secondo e dolce non vi costeranno più di 30 euro a persona. Gli abitanti di Certosa grazie ad una raccolta fondi in omaggio e onore di Mary hanno piantato un albero nel parco della Villa, le radici danno sempre i loro frutti.
Betto e Mary via dei Savorgnan 99 Roma.
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