La Francia, già piuttosto malmessa, vedasi le Olimpiadi più fallimentari e discusse di sempre, perde un altro pezzo tra i più pregiati della sua oramai smarrita grandeur. Alain Delon si è spento ieri all’età di 87 anni, a fatale conferma che anche il mito giunge prima o poi al suo crepuscolo.
Alain Delon ha incarnato per decenni l’idea stessa del cinema, il quale deve essere sogno, fascinazione, seduzione, avventura, evasione, energia, metafora e riflessione sull’esistenza. E lui, con quegli occhi che potrebbero aver ispirato il nostro Diabolik, ha saputo esserne depositario, una statua vivente per ricordare che un tempo le divinità hanno camminato tra gli uomini.
L’attore oltre l’uomo
Messa così però può passare l’idea che Delon fosse un interprete che potesse contare unicamente sulla presenza scenica, il che è quanto di più falso.
Alain Delon è stato piuttosto, un attore inesauribile, camaleontico nell’essere sempre uguale a sé stesso, capace di attraversare i generi nobilitandoli e portandoli al grande pubblico.
Lo abbiamo visto impegnato nel cinema storico, nel noir, nell’action, nel dramma, nel bellico ed essere sempre credibile, a suo agio, come può esserlo solo un autentico animale da set cinematografico.
Nel giorno della sua scomparsa tra i fiumi di parole che ne hanno magnificato la carriera, sono riapparsi quei commenti malignetti che di quando in quando hanno fatto da corollario alla sua scalata e poi permanenza sulla vetta. Pare incredibile ma si è anche detto che:
“Il suo meglio lo ha dato in Rocco e i suoi fratelli, il resto è contorno”; “Troppo bello per essere anche un grande attore”.
Sembra incredibile ma è così, nemmeno davanti alla scomparsa di un mito cinematografico come Alain Delon, i detrattori in servizio permanente effettivo si sono concessi una giornata di ferie.
Film che valgono una carriera
In parte per silenziare certe sparate, in parte perché non ci si può esimere dall’omaggiare uno di quei fenomeni capaci di influenzare la cultura di massa nonché di definire canoni di stile, ecco quella che secondo noi, è una galleria di titoli e personaggi che ne restituiscono la natura di imprescindibile protagonista del cinema.
Delitto in pieno sole. Primo adattamento delle gesta criminali di Tom Ripley. Delon è Ripley, il killer, falsario e seduttore generato dalla fantasia di Patricia Highsmith. Lo è nel senso che non potrebbe essere più perfetto, in un ruolo che ha calzato come un guanto, con buona pace per Dennis Hopper, Matt Damon, John Malkovich (comunque in ruolo) e Barry Pepper.
Rocco e i suoi fratelli. Asciutto affresco neorealista scevro, nei limiti del possibile, della magniloquenza viscontiana. Delon è un Rocco spudoratamente giovane in una Milano non ancora da bere, in bianco e nero.
Il Gattopardo, imprescindibile film storico tratto dall’omonimo capolavoro di Tomasi di Lampedusa. Modello inarrivabile della magniloquenza viscontiana messa a disposizione di un’opera immortale.
Colpo grosso al casinò: Gabin + Delon, basterebbe questo. Film-capostipite del genere polar, prima che se ne coniasse il termine.
Frank Costello faccia d'angelo. Un grande classico. Senza ulteriori commenti pleonastici.
Sole rosso: western irregolare con cast Stellare. Toshiro Mifune, Ursula Andres, Capucine eCharles Bronson, con cui divide nuovamente la scena dopo Due sporche carogne (i titolisti andrebbero fucilati). Bushido; oro; vendetta; onore. Un tutti contro tutti di una forza fuori dal tempo. Lui è Gauche. Bandito algido, affascinante e spietato.
Borsalino. Un cappello che è leggenda per stile ed eleganza per due teste che sono mito: Belmondo+Delon. Solo due attori di grosso calibro come sono stati entrambi, potevano uscire indenni da una tale accoppiata per un plot definitivo. Lui è il tenebroso Roch Siffredi, il cognome sarà poi preso in prestito da un certo Rocco…
Scorpio: l’assassino per definizione ha gli occhi di ghiaccio di un Alain all’apice della carriera. diretto da uno specialista come Michael Winner (Professione Assassino; Il Giustiziere della notte) è un classico del film di spionaggio.
Airport '80; il franchise catastrofico che ha tenuto banco per oltre un decennio, si aggiorna e si proietta nel futuro col più avveniristico degli aerei di linea. Il Concorde, e chi avrebbe potuto pilotarlo e insieme, salvare i passeggeri, se non lui?
Zorro. Seconda avventura sotto la direzione di Duccio Tessari, Delon va a cavallo, tira di scherma, manda all’aria le trame dei prepotenti latifondisti e sfodera sorrisi per il pubblico femminile.
Flic Story, altro superbo polar diretto da Jacques Deray che dopo Borsalino, La Piscina e L'uomo di Saint-Michael, ne certifica la condizione di attore feticcio.
Diretto da Visconti, Antonioni, Melville, Verneuil, Deray, Zurlini, Godard e Joseph Losey, è stato protagonista anche di: Parigi brucia?, Mr Klein, Il Tulipano Neo, L'assassinio di Trotsky. Ha poi diretto sé stesso nel robusto, Per la pelle di un poliziotto.
Annus orribilis
La sua morte segue di poco quella di un altro mito francese, Philippe Leroy. Loro due assieme a Jean Paul Belmondo, sono stati una triade d’oro. Tre avventurieri non solo sullo schermo con trascorsi in marina e nell’esercito che inizialmente si divisero la scena dei belli e dannati di Francia e poi quella di sex symbol da esportazione.
Alain e les femmes
Le cronache rosa registrano passo passo il successo di Delon con le donne, restituendo il mito a buon diritto, di autentico sciupafemmine. Nel suo ideale taccuino si contano, Brigitte Auber che fu il primo amore di Delon appena rientrato dall’Indocina e che lo instradò al cinema, seppure a spalancargli le porte del set di Godot (1957), il suo primo film, diretto da Allégret, fu la moglie del regista, l’attrice Michèle Cordoue di cui Alain era l’amante.
Seguono le nostre Monica Vitti con cui divise il set ne L'eclisse diretto da Michelangelo Antonioni e Dalila Di Lazzaro, Sylvia Kristel, Francine Canovas (Nathalie Delon) madre di Anthony. Non si negò una incandescente liaison romana con Dalida con cui anni dopo, nel 1973, inciderà Paroles Paroles, cover di Parole Parole di Mina e si legò a Romy Schneider, forse il suo amore più grande.
È stato a lungo legato ad Anne Parillaud che diresse in Per la pelle di un poliziotto e per quindici anni, dal 1968 al 1983, a Mireille Darc che definì “La donna della mia vita” quando ella morì nel 2017.
Un uomo del suo tempo
Ex marina militare, impenitente tombeur de femmes, apertamente di destra, ce n’è abbastanza per incendiare il risentimento dei movimenti femministi. Come accadde a Cannes nel 2019 dove, insignito della Palma d'oro alla carriera, fu bersaglio di furibonde contestazioni. Ma sono trascurabili miserie figlie di tempi minori, molto più interessanti gli splendori: durante la cerimonia, l'ovazione durò dieci minuti.
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